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La lezione frontale e' stata criticata in passato in quanto altri strumenti formativi offrirebbero migliori risultati: esperienze dirette di gruppo, laboratori, etc. In realta' nessuna delle forme proposte si e' rivelata piu' proficua.
Non ci sono dubbi sull'esistenza di una crisi almeno apparente di tutte le forme didattiche tradizionali. Proporro' una analisi di questa crisi che a mio parere e' piu' estesa della didattica e riguarda la comunicazione scientifica in tutti i suoi aspetti (Kornberg; quell'altro?).
Prima di valutare le critiche rivolte alla lezione frontale e' opportuno analizzarne la costruzione, lo scopo e le difficolta'.
1. La lezione frontale e' una forma specializzata di comunicazione. Come tale implica: un parlante, un messaggio, degli ascoltatori.
2. E' asimmetrica perche' non prevede l'inversione dei ruoli di parlante e ascoltatore.
3. Ogni messaggio contiene una intenzione significante (Husserl), un contenuto e una forma. Va analizzato sia rispetto al parlante, che lo produce, sia rispetto all'ascoltatore.
Il messaggio della lezione di argomento medico o delle scienze naturali.
4. E' frutto di una conoscenza empirica posseduta dal parlante, che non puo' essere disgiunta da una sua epistemologia almeno implicita.
5. La base epistemologica e' sempre una forma di dualismo metodologico. E' importante esplicitare le premesse ontologiche e metodologiche di questo sistema filosofico e seguiremo principalmente l'impostazione di M. Bunge come esposta ad esempio nel trattato Foundations of Biophilosophy (1997).
I postulati cruciali del dualismo metodologico sono i seguenti:
a) l'universo esiste indipendentemente dai nostri tentativi di studiarlo.
b) nell'universo esistono due soli tipi di entita': enti materiali e idee. Niente puo' essere sia l'uno che l'altro e niente puo' essere diverso dall'uno o dall'altro (dualismo).
c) e' essenziale che il parlante sia in grado di distinguere gli enti materiali dalle idee (cosa non sempre facile; problema dei gruppi)
d) l'universo e' composto dai soli enti materiali. Le idee esistono in quanto stati di una classe specifica di enti materiali (cervelli) e possono essere conservate in altri enti materiali (libri).
e) la scienza e' un tentativo di costruire idee su enti materiali: di descrivere l'universo. E' questo il senso dell'altrimenti problematica affermazione di Popper "le scienze empiriche sono sistemi di teorie" (La logica della scoperta scientifica, 1934).
f) ovviamente sono necessarie delle "regole di corrispondenza" che esplicitino in che modo una idea possa corrispondere ad un ente materiale. Il problema e' abbstanza spinoso (paradosso di Tarski) e richiede di definire il concetto della verita' di una idea di contenuto empirico.
6) Alla luce delle premesse del dualismo, possiamo precisare il contenuto del messaggio della lezione di argomento scientifico: esiste un ente materiale, del quale il parlante ha o dovrebbe avere conoscenza diretta. La conoscenza del parlante e' una idea vera sull'ente materiale e costituisce il contenuto del messaggio (lezione). Il parlante si aspetta che l'ascoltatore sia in grado di decodificare il messaggio e formarsi una idea dell'ente materiale oggetto di descrizione.
7) Quanto sopra, sebbene incompleto, consente di esplicitare quello che possiamo definire il lavoro del parlnte e dell'ascoltatore. Il lavoro del parlante consiste nel conoscere, studiare, l'ente e formularne la descrizione. In questo il parlante e' aiutato dal fatto che altri prima di lui hanno fatto lo stesso lavoro, e puo' persino accadere che il parlante conosca la descrizione dell'ente anche senza averlo mai visto direttamente (ad es.: malattie rare). Il lavoro dell'ascoltatore e' l'inverso di quello del parlante: deve risalire dalla descrizione verbale ad un concetto, se non addirittura all'ente stesso (lezione interattiva, sul paziente o nel laboratorio didattico).
8) Il lavoro dell'ascoltatore e' gravoso e reso piu' difficile dal fatto che al contrario del parlante, egli non ha esperienza diretta dell'ente. La principale ragione per la quale, da sempre, gli studenti universitari frequentano laboratori e corsie non e' tanto l'apprendimento di specifiche skills, ma l'avere esperienza dell'ente materiale che gli viene descritto a lezione.
Ci sono due possibili e diversi fallimenti della lezione, che sono estremamente istruttivi per il parlante e richiedono analisi.
a) l'ascoltatore puo' non essere in grado di ripetere il messaggio. Questo e' il problema banale, del difetto di attenzione. Forse la forma del messaggio non era abbastanza accattivante, o forse l'ascoltatore era stanco o svogliato.
b) l'ascoltatore e' in grado di ripetere il messaggio ma questo non corrisponde ad un concetto nella sua mente (e' un mucchio di parole) o corrisponde ad un concetto sbagliato, difforme dall'ente materiale descritto. Questo e' il fallimento intelligente della comunicazione: sia il parlante che l'ascoltatore hanno svolto il loro lavoro ma il risultato e' insoddisfacente e non corrisponde all'intenzione comunicante. Probabilmente la comunicazione avrebbe richiesto un supporto diverso, piu' prossimo all'ente materiale descritto (lezione sul paziente o sul cadavere; dimostrazione nel laboratorio didattico; filmati; registrazioni).
A volte lo stesso problema di apprendimento dell'ascoltatore dipende dal fatto che il parlante commette l'errore opposto al precedente: fornisce materiale illustrativo troppo complesso, che il parlante non e' in grado di interpretare (lavori scientifici al posto del trattato; dimostrazioni di laboratorio complesse e indirette; casi clinici complessi, poco didattici; etc.).
9) La sottovalutazione del lavoro dell'ascoltatore e' un errore grave da parte del parlante! Evitarlo richiede una elementare conoscenza dei meccanismi dell'apprendimento.
10) Il problema cruciale della lezione frontale sta nella crscente specializzazione delle materie scientifiche: cio' che noi oggi dobbiamo presentare agli studenti e' frutto di esperimenti complessi, laboriosamente interpretati, spesso condotti nel corso di anni di lavoro dello scienziato. Non e' piu' possibile (o non e' sempre possibile) fare lezione oggi al modo di Vesalio o di Harvey! D'altra parte l'insofferenza verso la lezione tradizionale, e le metodologie pedagogiche alternative risentono della complessita' della materia scientifica ancora di piu' della lezione frontale.
11) La complessita' della materia scientifica rende la formulazione scientifica (non la lezione!) sempre piu' astratta e formale. Ad esempio, come tutti sanno, esiste una branca della Fisica che e' programmaticamente Teorica. Einstein aveva reso famosi i gedanken experimenten, gli esperimenti immaginari, non realizzabili, che pero' erano stati ampiamente formulati in precedenza, basti pensare al ciclo di Carnot, esclusivamente teorico. Il punto non e' se l'esperimento teorico sia realizzabile: sarebbe relativamente facile costruire un motore che approssima il ciclo di Carnot. Il punto e' che quando la nostra comprensione dell'evento materiale si affina, noi siamo in grado di formulare una descrizione piu' precisa e piu' raffinata di quanto non la si possa inverare e misurare in un esperimento.
11) L'aumento del contenuto formale della scienza si riflette nella lezione ed e' (a mio parere) la causa delle critiche formulate alla lezione frontale, che sarebbe eccessivamente teorica e lontana dall'interesse dello studente. La cirtica e' mal posta: la lezione e' formale perche' la scienza quando raggiunge un certo livello di precisione e' formale. Non necessariamente questo fa scadere l'interesse dello studente: se uno decide di applicarsi alla Fisica Teorica evidentemente apprezza il formalismo. D'altra parte, il grido di battaglia di qualunque riformatore "Torniamo al dato empirico" e' in questo caso una regressione: il dato e' superato. Per questo le alternative alla lezione frontale non hanno nel complesso avuto successo.
12) La soluzione del dilemma sta nell'accurata pianificazione del corso: la materia piu' approfondita e formale deve essere precedeuta ed introdotta da una presentazione piu' empirica, piu' aderente ad una esperienza dimostrabile. Deve essere chiaro allo studente che il formalismo risolve un problema che ha la sua radice nell'esperimento, ma che non puo' trovarvi la sua soluzione.
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