Societa' Italiana di Biochimica e Biologia Molecolare
BIBLIOTECA DIGITALE

In collaborazione con:
Dipartimento di Scienze Biochimiche "A. Rossi Fanelli"
Istituto Pasteur - Fondazione Cenci Bolognetti
Sapienza Universita' di Roma
 
 


Del Mal del Segno, Calcinaccio o Moscardino

malattia che affligge i bachi da seta e del modo di liberarne le bigattaje, anche le piu' infestate.

di Agostino Bassi
Parte seconda, pubblicata a Lodi presso la tipografia Orcesi nell'anno 1836.
Trascrizione di Andrea Bellelli (28/04/2007)

[La parte prima del trattato sul mal del segno aveva descritto gli esperimenti sulla malattia e sul suo agente, anticipando Koch e Pasteur. Questa seconda parte potrebbe apparire a prima vista di minor interesse perche' eminentemente pratica: descrive infatti le procedure da seguirsi per disinfestare dalla malattia le stanze e gli arnesi necessari all'allevamento del baco da seta. Invece, non sfuggira' ai lettori attenti che il Bassi in questa seconda parte del suo trattato anticipa le raccomandazioni di Semmelweis e Holmes intese ad evitare la trasmissione delle infezioni e gli studi di Lister sull'asepsi. E' particolarmente notevole la ragionata modestia del Bassi che non promette l'eradicazione totale della malattia "... atteso che la natura, torno a ripetere, e' troppo forte perche' possa l'uomo distruggere alcuna delle di lei produzioni a lui nocive ...", ma soltanto il suo controllo e la sua diminuzione, prevedendo che la malattia possa ancora manifestarsi nonostante tutte le precauzioni. Sono inoltre da segnalare il riferimento statistico costante sebbene implicito e qualitativo, l'esperimento condotto su campioni numerosi di bachi da seta e l'uso sistematico di gruppi di controllo ("... altri bachi non affetti di moscardino, che unii ai suddetti perche' servissero di confronto ..."). Segnalo infine al lettore la nota 5 del III Capitolo che spiega come vengano allevati (educati) i bachi da seta, come abbiano le loro mute (dormizioni ed eta'), come siano nutriti con la foglia del gelso (moro), e come migrino nel bosco artificiale realizzato nel locale d'allevamento con fronde d'alberi per rinchiudersi nel bozzolo. AB]

INTRODUZIONE
    In seguito alla pubblicazione della prima parte di questo mio scritto riguardante la Teoria intitolata del mal del Segno e di altre malattie dei Bachi da seta, parecchi distinti Coltivatori ed alcuni Dotti mossi dal puro desiderio di giovare alla causa della verita' e del pubblico bene, mi fecero non poche osservazioni, gli uni verbalmente, gli altri in iscritto e taluni colle stampe. Ad essi io risposi il meglio che potei a norma dei fatti risultanti dalle mie sperienze e colla brevita' compatibile coll'importanza dell'argomento, niente curandomi poi di tutto quello che si disse, e puo' dirsi contro i miei principj e le mie pratiche per ispirito di contraddizione o per altre piu' turpi passioni, cio' che pregiudica e' vero al ben pubblico, ma n'e' altronde inseparabile dalla condizione umana non potendosi im pedire che parli ove 1' ignoranza ove l'invidia ed ove la cattiveria.
    Siccome il maggior compenso che ponno offrirmi le mie fatiche e' quello di soddisfare al vivo desiderio che nutro di aprire la via a nuovi trovamenti che promuovono in alcun modo il pubblico bene, espongo sempre sinceramente i miei pensieri, appoggiati ai risultati dei miei sperimenti, lasciando poi che altri, meglio questi interpretando, o aggiugnendovi nuove sperienze o nuove osservazioni introducano quelle modificazioni e quei cambiamenti che possano essere reclamati dalla pura e nuda verita' posta nel maggior suo lume. Prego soltanto quelli che hanno la bonta' d'intraprendere la lettura del mio libro a voler porvi la maggior attenzione, poiche' dovetti conoscere con mio dolore che non pochi di quelli che mi fecero delle obbiezioni non rilevarono dappertutto bene nel riferito mio lavoro il mio intendimento. Svolgendo le mie idee mi saro' forse in alcuni luoghi male espresso. Trattandosi pero' di cose alquanto oscure e del tutto nuove, fa di mestieri usare un po' di sofferenza onde impossessarsi bene dei pensieri dell'autore avanti di esternare i proprj.
    Il nobile sig. Dottore Giuseppe Balsamo-Crivelli Professore chiarissimo, supplente alla Cattedra di Storia Naturale in Milano, letta ch'ebbe la mia Teoria si diede la pena di fare alcune sue osservazioni microscopiche sull'argomento, colle quali ha potuto accertarsi essere la produzione che cresce sul baco morto di calcino una vera pianta crittogama formata da filamenti ramificati composti da numerosi sporidj (1). Avendo poi continuate le sue osservazioni ha quindi stabilito:
    1^ Che il vegetabile crittogamo del calcino e' una vera mucedinea che riferisce al genere Botrytis e lo chiama Botrytis pradoxa (2).
    2^ Che questa mucedinea non si svolge originaria mente e da se', se non sovra bachi morti da calcino e non mai sugli essiccati artificialmente, sovra i quali scorgonsi delle muffe di specie diversa. Che si puo' ii produrne sovra altri insetti, ma solo facendo sovra essi cadere i germi della muffa di un baco calcinato.
    3^ Che la pelle del baco affetto di calcino e' intieramente sana, e che la parte morbosa consiste in un pigmento sottocutaneo, che talora cresce di volume occupando quasi tutta la parte interna del baco o della crisalide.
    4^ Che questo pigmento e' composto da un ammasso di granelli simili alle sporre della muffa, che posti in circostanze favorevoli si svolgono in filamenti che portano germi, producendo cosi' la vera Botrytis paradoxa.
    5^ Che non e' contrario all'osservazione ed alla ragione, che una sostanza animale alterata, produca delle muffe e che queste escano all' esterno della cute del baco calcinato (3). Tratto' lo stesso Sig. Profess. Balsamo-Crivelli ancora questo argomento piu' estesamente, e con nuove addizioni in un articolo stato inserito nel Tomo LXXIX pag. 125 della Biblioteca Italiana, non che in una nota successiva pubblicata nello stesso volume di detta Biblioteca. Il chiarissimo Professore cosi' si esprime in quella nota: "In aggiunta alle Osservazioni pubblicate nella Biblioteca Italiana e' d'uopo ch'io faccia noto al pubblico aver potuto esattamente determinare quella materia animale morbosa ch'io chiamai pigmento, cioe' a qual sostanza corrisponde del baco sano. Questa sostanza e' il tessuto adiposo che Lyonnet, vedendolo formato da tanti piccoli sacchi pieni d'una materia grassa o oleosa, e disposto in due grandi masse, chiamo' corpi grassi. Detto tessuto si riscontra specialmente abbondante all'epoca in cui va l'insetto a subire la sua metamorfosi; esso e' quello che serve alla nutrizione durante il letargo a cui vanno soggetti gl'insetti nelle loro mute, ed e' opinione generale che serva pure allo sviluppo di nuovi organi. Ora sembra che il tessuto adiposo del baco sia quello che morbosamente trovisi affetto nella malattia del calcino, giacche' questa ne varia la struttura e la consistenza, e ne accresce la quantita' ond'esso sembra restringere gli organi ancora esistenti. L'esser giunto a determinare qual e' l'organo affetto specialmente nella malattia del calcino, non ci fa pero' conoscere la causa che produce questa malattia massime che le funzioni dell'organo stesso non sono ancora ben note, e giacche' solo per induzione lo si crede ausiliario alla nutrizione e allo svolgimento di nuovi organi duranti le metamorfosi."
    "Lo stato morboso del tessuto adiposo puo' derivare o dal seme calcinico che introdotto nel corpo dell'animale induce nel tessuto una speciale alterazione che predisponga gli organi del baco dopo morto allo svolgimento della Botrytis Bassiana, oppure se non vuolsi sempre ammettere questo modo di svolgersi della malattia contagiosa del calcino, si puo' credere che una data malattia (cio' che succede anche presso altri animali) dietro peculiari circostanze divenga contagiosa, e atta quindi a propagarsi e diffondersi tra gli altri individui."
    "Ammesso o in un modo o in un altro la natura contagiosa del calcino, sempre si dovra' onorare il signor dottor Bassi, il quale pel primo dimostro' con fatti inconcussi contagiosa questa malattia, cio' che a alcuni agronomi decisamente negarono. E' indubitato poi che il Bassi osservo' un fatto del tutto nuovo, e cioe' che una materia vegetabile viva introdotta in un organismo vivo produca una malattia, ed una tale alterazione del tessuto animale da produrre sempre morto che sia un dato essere vegetabile. Fatto e' questo che fara' epoca nelle scienze naturali, e che potra' essere fonte d'importanti scoperte. Degno poi di lode e' il Bassi se e' riuscito a prevenire e impedire la diffusione di questa malattia che tanto danno recca ai nostri coltivatori. Se poi in tutti i casi non riuscisse il metodo del Bassi (cio' che fino ad ora per quanto io sappia non si e' verificato), non si puo' dire, da chi da buona fede e' guidato, inutili essere i suoi suggerimenti ed i suoi ritrovati, giacche' sappiamo che anche nelle ordinarie malattie nelle quali sono indicati rimedj specifici, questi talora non sono sufficienti a debellarle (4)."
    L'egregio Dottor Fisico C. Ampellio Caldarini collaboratore del Giornale intitolato il Ricoglitor Italiano e Straniero fece pure le sue osservazioni nel Fascicolo di Giugno 1835, che ebbe la gentilezza di comunicarmi, ed a lui diedi breve risposta secondo i fatti da me conosciuti. Egli e' d'avviso soprattutto che "nel baco morto dal mal del segno si debba por mente a due cose apparentemente confuse; quantunque fra se' differenti e possibili ad essere disgiunte e separatamente studiate: la prima delle quali e' il principio contagioso di essa malattia, tuttavia incognito e sfuggevole ad ogni chimico e fisico esperimento e finora non altrimenti riconoscibile che pei singolari suoi effetti; l'altra e' la bianca efflorescenza, unica risultanza materiale di essa malattia, efflorescenza che come spero, dice egli, di poter quindi mostrare, serve a nulla piu' che di veicolo a quella prima."
    Questa obbiezione che gia' previdi, che mi sarebbe stata fatta, procurai di combattere nel Capitolo VIII della detta Teoria.
    Mi sia permesso di far osservare in primo luogo ch'io non dissi gia' nel riferito mio libro che la qualita' appiccaticcia, produttrice del mal del segno, risieda esclusivamente nella bianca efflorescenza di cui si copre il filugello perito del detto morbo, ma bensi' nei germi del crittogamo introdotto nell'insetto sano e vivo, sia che questo esista ancora nelle parti interne del cadavere, sia che si trovi sulla superficie del medesimo, tuttora invisibile all'occhio nudo, o visibilissimo sotto l'apparenza di ua bianca fioritura.
    In tanti e tanti esperimenti da me instituiti in una lunghissima serie d'anni intorno al calcino, tanto sui bachi da seta, che sopra altre specie di bruchi, io non potei mai vedere, si' nella malattia, che nella morte e nella successiva calcinazione dell'individuo sottoposto al cimento, che l'opera d'un vegetale parassito destinato dalla natura a svolgersi, crescere ed a riprodursi nei soli bruchi, introducendosi pero' sempre detto parassito nell'animale vivente. Qualunque altro agente a cui si vogliano attribuire i detti effetti, non puo' essere che puramente ipotetico, dacche' l'unica sostanza con cui si e' potuto sin ora suscitare il mal del segno, e' la pianta crittogama da me accennata, senza la quale non si puo' altrimenti ottenere. Dunque la mucedinea, o la botrytis di cui si tratta non puo' svolgersi e quindi riprodursi che entrando nel baco vivo. Se in questo introdotto produce il mal del segno ed il susseguente calcinamento, se non si puo' altrimenti suscitare tale malattia se non coll' uso del detto vegetabile come ho gia' ampiamente dimostrato, perche' si vorra' credere che questo morbo sia prodotto da tutt'altra materia, quando massime siffatta materia e' del tutto ipotetica dacche' non cade sotto i nostri occhi, non e' in nostro potere, ma soltanto nell'immaginazione nostra? quando invece il crittogamo in discorso cade sotto i nostri sensi e si ha con esso il mal del segno ogni volta che si vuole e non mai e poi mai senza del medesimo. Perche' voler che il germe della detta pianta che s'introduce nell'animaletto non abbia a schiudersi, che in forza dell'alterazione ch'avviene nell'individuo invaso e dopo la morte del medesimo, quando il fatto ci mostra che si sviluppa da' germi riproduttori anche durante la vita del paziente, come ho potuto di recente conoscere e di cui parlero' piu' innanzi? Perche' voler ricorrere senza necessita' sin anche alla generazione spontanea della stessa mucedinea nel baco morto di calcino, quando tutto puo' avvenire e puo' spiegarsi colla di lei riproduzione? Io sono d'avviso che se un'alterazione qualunque di un organismo vivo potesse creare e dar la vita ad un essere organico vegetale od animale la natura dovrebbe presentarci questo spettaccolo non solo nelle classi piu' minime degli esseri organici, ma ben anche nelle altre ed offrire al nostro sguardo da quando in quando viventi del tutto nuovi o non mai visti per lo meno in addietro (5).
    La pianta crittogama in discorso, la quale si vuole che non si svolga e vegeti che nel baco gia' estinto dal calcino e che attinga la materia contagiosa dal cadavere su cui cresce e si riproduce, deve pure riprodursi e dare dei germi e germi fecondi durante la vita del paziente che invase, dacche' molte esperienze da me instituite in quest'anno colla maggior accuratezza mi dimostrarono che il filugello. infermo di calcino nell'ultimo stadio della malattia, ossia un giorno o poche ore prima che perisca, e' contagioso nell'interno quantunqne nol sia per nulla al di fuori, e puo' comunicare ad altri animali sani lo stesso morbo e farti morire e quindi anche indurare e fiorire, prendendosi la materia nelle parti interne del malato. Coll'innesto pero' attingendosi la materia dal baco vivo difficilmente si arriva a comunicare ad altri la malattia, atteso che difficilmente puo' la punta dell' ago feritore cogliere i pochi germi che si formano e maturano pei primi; ma con facilita' vi si riesce bagnando coll'umore tratto dall'infermo tutto il corpo dell'individuo che si vuole ammalare di calcino. Forse questo crittogamo si riproduce nel baco vivo per bulbi sotto forma di granellini e quindi per semi che emette sui rami escendo e vegetando alla superficie del corpo dell'animaletto che uccise. Se il contagio calcinale non esistesse nella facolta' riproduttiva della stessa mucedinea, ma in una sostanza incognita annessa alla medesima, l'innesto dell'umore del baco affetto di calcino, dovrebbe comunicare la malattia ancor meglio che il semplice contatto dello stesso liquido. Ma succede tutto il rovescio per l'accennata ragione.
    Tant'e' vero poi a mio giudizio che la contagione risiede nella facolta' riproduttiva del crittogamo parassito e non in una sostanza incognita che si suppone unita allo stesso vegetabile, che esistendo piu' varieta' distinte del detto crittogamo, gia' accennate nella mia Teoria e di cui io ne possedo due, una che arrossa il baco morto di calcino e l'altra che non altera punto il suo color naturale, da me percio' chiamate bianca una e rossa l'altra, queste due varieta' conservano costantemente inalterabile il loro carattere, senza che mai l'una si approprj quello dell'altra, come ebbe gia' a riconoscere anche l'illustre Cav. Dott. Fisico Giuseppe Sacco e come potra' verificare altresi' lo stesso egregio Dottor Calderini e qualunque altro vuoi darsi la pena di farne sperimento, chiedendone a me la materia necessaria (6).
    La mucedinea o botrytis di cui si parla, giusta le mie sperienze, non si riproduce che nel filugello od altro bruco affetto di calcino. Sopra altri corpi organici o inorganici, questa non si rigenera mai, ma bensi' cresce o si dilata soltanto e ben di poco, come cresce ancora sul vetro, sull'avorio, sui metalli e sopra altre materie solide, quando non manchi l'umidita' necessaria al suo sviluppo. Tolta la detta pianta dall'animaletto, in cui vegeto' ancor vivo, e recata su le dette materie solide in piccoli pezzettini o granellini, i quali sebbene sembrino al nostro occhio minutissime pianticelle, sono forse ancora grandi masse di piante riunite di detta mucedinea, cresce sopra tali sostanze per la sola virtu' propria in via di ramificazione o di cestimento, ma debolissimamente, non traendo dal corpo su cui giace alcun alimento. Infatti collocando sopra tali materie altri pezzettini o granellini di polvere calcinica dell'anno antecedente o soltanto di pochi mesi, quantunque conservi tuttora detta mucedinea la facolta' sua attaccaticcia, ossia secondo i miei sperimenti la riproduttiva, non cresce e non si dilata, come faceva dapprima, imperciocche' essiccata la pianta, non mantiene vivi che i di lei semi, i quali si rigenerano se si introducono nel filugello od in altro bruco vivo.
    Quantunque ingegnose sieno le supposizioni dei signori dottori Balsamo-Crivelli e Caldarini intorno alla sostanza che costituisce il contagio calcinico ed al modo di riprodursi della detta mucedinea, non possono nullameno persuadermi, ed io mi trovo forzato a rimanermene almeno per ora, nella mia opinione, che il contagio calcinico consiste in una proprieta' essenziale alla Pianta in discorso, cioe' nella proprieta' sua riproduttiva e non in altra sostanza estranea e sconosciuta ad essa pianta unita; che questa si svolge cresce e si riproduce nel solo baco vivo che invase ed in cui piu' vegeta e si riproduce dopo che l'uccise alla superficie del di lui cadavere principalmente e che non nasce mai spontaneo nell'animaletto per alterazione o pervertimento dell'economia vitale o per altra causa.
    Ma comunque sia per risolversi la quistione cio' non riguarda che la scienza, e non altera per niente la parte pratica, poco o nulla importando al coltivatore degli utili insetti, che il contagio consista in una sostanza incognita che si unisce ai crittogamo di cui si tratta, piuttosto che in una proprieta' esenziale del medesimo, quando si conosca ed abbiasi in suo potere i mezzi di prevenire lo sviluppo del terribile morbo e quelli pure di curarlo o di arrestarne almeno il progredimento, allorche' si e' di gia' manifestato.
    Il coltivatore dei preziosi insetti dev'essere ben contento che la buona sorte abbia scoperto il modo col quale il calcino si propaga all'intorno e quello pure di prevenirlo e di toglierlo allorche' si e' desso introdotto nelle bigattiere (7). Crescendo ogni anno a dismisura e rapidamente il calcino col mezzo dei semi minutissimi ed invisibili di esso che si moltiplica tanto piu' quanto piu' si moltiplicano le sue vittime, non poteva incombattuto che divorare fra non molti anni le intere coltivazioni dei filugelli e privare lo Stato del piu' ricco prodotto dell'industria agricola. S'io avessi tempo di formare un quadro statistico delle bigattiere nei diversi Comuni del Regno Lombardo-Veneto attualmente attaccate dal segno e calcolare a un dipresso la perdita che si faceva gia' a quest'ora in seta per tale flagello il danno apparirebbe certamente molto piu' grande di quello che ognuno avrebbe potuto immaginarsi, e reciterebbe meraviglia come tanto siasi aspettato a porre a tortura l'ingegno e fare le piu' grandi indagini onde trovare mezzo sicuro di prevenire e curare una malattia nei bachi da seta, che decima per lo meno il principale prodotto dell'industria nazionale.

Note dell'Autore all'Introduzione
(1) Vedi la Gazzetta Privilegiata di Milano del giorno 17 Giugno 1835.

(2) In seguito chiamo' il detto crittogamo Botrytis Bassiana dal nome del suo scopritore.

(3) Vedi la Gazzetta Privilegiata di Milano del giorno 19 Luglio 1835.

(4) Io ringrazio l'illustre Professore delle cortesi espressioni che anche in quell'occasione gli piacque d'usare a mio riguardo e per le quali gli dichiaro la mia riconoscenza.

(5) La pretesa generazione spontanea di alcune specie di vegetabili non e' a mio parere che l'ignoranza dell'esistenza dei rispettivi genitori. Molte muffe ed anche alcuni funghi delle specie maggiori, quantunque non nascono esclusivamente che sopra dato piante dopo che sono queste morte perche' non trovano altrove ed in altre circostanze alimento opportuno al loro sviluppo, e' da supporsi che si svolgono dai semi esistenti nell'atmosfera o nella stessa pianta deperita. E se vi hanno delle mucedinee che non appajono che sopra corpi animali o vegetali particolari e particolarmente alterati, non e' che manchino di genitori, ma perche' i loro germi non possono schiudersi e vegetare che in quella data materia prodotta da una speciale alterazione o pervertimento dell'economia vitale. Questi semi o germi possono conservarsi lungamente inalterati nello stesso individuo della specie destinata dalla natura a riprodorli in date circostanze, oppure nell'aria incorrotti per lunghissimo spazio di tempo finche' l'accidente non presenti ad alcuni di tali semi dotati ancora della lor vita latente la sostanza necessaria al loro schiudimento.
    Non e' impossibile poi che questi germi si rigenerino di continuo in via di bulbi, o in altro modo non conosciuto, negli esseri della stessa specie destinata a riprodorli, trattenuti nei giusti limiti dalla forza vitale, e che mandino e steli e rami e semi se non allorquando trovano pascolo opportuno nella sostanza dell'individuo contenente, alterata in quella data maniera che richiedesi perche' tali germi si sviluppino e vestano forma di pianta alla superlicie dell'organismo che li serba, vivo o morto che sia, alterazione che puo' essere fors'anche cagionata da un aumento eocessivo degli stessi germi nel medesimo individuo contenente.
    Osservo che queste piante crittogame che appariscono talora sopra esseri vivi, si schiudono alla superficie dell'organismo e non si nutrono che di sostanza morta localmente per avvenuta alterazione locale o privata di vita dalla stessa pianta vegetante, onde trarne il proprio alimento, quando il fungo o crittogamo calcinale all'incontro non si svolge che nell'interno dell'individuo in cui s'introdusse e non si pasce che di sostanza viva e sempre sotto la pelle dell'animale invaso, finche' questo ha vita, e meglio vegeta poi dopo che e' estinto e dentro o fuori del cadavere del paziente.

(6) Il prelodato celebre e benemerito Cavaliere Dottor Sacco attento osservatore della natura, nell'ultima educazione dei bachi da seta ha voluto occuparsi di questo importante argomento col ripetere le mie speriunze e coll'aggiugnerne tante delle sue assai delicate, dalle quali si puo' con ragione sperare di vedere di molto avanzato questo nuovo ramo di sapere, tanto piu' che la teoria dei coatagi dalle sue osservazioni potra' acquistare nuova luce.

(7) I pochi Coltivatori che nella scorsa educazione dei fllugelli domandarono il mio consiglio contro il calcino, quantunque la ristrettezza del tempo non abbia permesso di eseguire che una parte di cio' che farsi doveva, pure ne ottennero non piccol vantaggio, come puo' rilevarai dalla Gazzetta Privileg. di Milano del giorno 16 Dicemb. 1835 n. 350. Parte dei detti Signori si diressero al proprietario di detta Gazzetta, pregandolo a voler avere la compiacenza di rendere pubblica la notzia di tali fatti e per amore del vero e pel bene che ne puo' ridondare agli Educatori degli utili insetti in generale.


 

PARTE SECONDA

PRATICA.

CAPITOLO I.
Quali siano le cautele da usarsi onde tener lontano dai proprj Bachi il germe Calcinale e prevenire cosi' l'apparizione del morbo Moscardinico.

    La Pratica e' la parte la piu' importante della presente mia scrittura cui attenendosi strettamente il coltivatore, rechera' non poco vantaggio non solo a se' ed agli altri educatori di filugelli, ma allo Stato pure in generale, potendo per essa aver fine le grandi stragi, che fa dei preziosi insetti il feroce calcino, ed accrescersi cosi' d'assai l'annuale prodotto setifero, che costituisce il ramo precipuo dell'industria nostra agricola (1).
    Chi ha la fortuna di terminare l'annuale educazione dei filugelli, senza vedere tra essi un solo individuo estinto dal mal del segno, volendo conservarli illesi anche per l'avvenire dal rio malore, deve procurare di chiudere tutte le vie per le quali questo s'introduce nelle bigattaje, gia' da me mostrate nel Capitolo V della parte Teorica di questa mia produzione; che nessuna cosa, nessuna persona, nessun vivente abbia a recare il seme del micidial parassito tra i proprj bachi (2), e fare attenzione soprattutto, che le uova che si mettono a schiudersi siano sempre pure purissime. Quando non si fa essi medesimi la semente ma la si acquista da altri, esistendo il piu' piccol sospetto d' infezione, e' meglio pensar tosto a purificarla che esporsi al pericolo di perdere l'intera covata, e di contaminare di piu' ogni cosa, recando cosi' il terribile contagio nella propria casa d'educazione a danno di se' e dei vicini (3).
    Il modo di disinfettare le uova e' semplice, spedito e di tenue spesa; s'infondono per un momento in una miscela di alcool, ossia di spirito di vino di commercio e di altrettant'acqua in misura, che segni detta miscela circa 18 gradi dell'areometro di Beaume'. Non si tema con cio' d'alterarle, che non soffrono nulla, quand'anche si lasciassero in infusione piu' d'un quarto d'ora. In mancanza di spirito di vino puo' servire l'acquavite greggia usata pura, la quale non e' mai d'ordinario ne' troppo debole, ne' troppo forte a tal uopo, si avra' solo l'avvertenza di escludere quella che pute troppo di raspi, il cui forte odore mantenendosi lungamente sulla semente potrebbe talora recarle qualche nocumento. Qualunqne poi sia il liquore di cui si voglia servirsi, non dovra' mai segnare piu' di 20 gradi, ne' meno di 17, Areometro di Beaume': ma non si fallera' mai valendosi dello spirito di vino di commercio di trentadue gradi almeno, misto ad altrettant'acqua in misura. L'operazione si fa d'inverno o di primavera, allorquando si toglie la semente dai pannolini, o dopo, se si vuole, purche' non si lasci di troppo inoltrare l'animalizzazione dell'embrione nell'uovo, nel qual caso potrebbe provarne qualche danno. Non si errera' mai eseguendola entro Marzo, od al piu' tardi non piu' oltre il di' sette o l'otto d'Aprile. Fatta la miscela, si aspetta ad usarne alcuni minuti dopo perche' raffreddi. Appena bagnate le uova si decanta subito il liquido, e si distendono prontamente su di una tela ben tesa o sopra di una tavola onde asciughino, non pero' al sole, il quale farebbe loro perdere la vita latente. Il modo piu' spedito' e piu' economico, e' quello di porre le uova in un piccol setaccio, d'infonder questo nel preparato liquore, in modo, che tutta la semente si bagni, e traendola tosto dal recipiente asciugarla come si e' detto. Collo stesso liquore si disinfettano quindi i vasi o le robe che contenevano la semente sospetta d'infezione, o si abbruciano queste, se di poco valore; e col liquore medesimo si lavano pure le mani prima di ritoccare la detta semente riasciugata. Lo stesso liquido tenuto chiuso in un vetro, puo' servire dappoi per la depurazione d'altra semente, finche' n'esiste tanto, quanto basta per coprirla, ossia per bagnarla interamente.
    Occorrendo di dover far acquisto di foglia, la si acquista, s'e' possibile, in paese ove non siavi il mal del segno, e non potendosi fare altrimenti, la si fara' cogliere da gente propria, con proprj effetti per contenerla, e non si sfoglieranno mai i mori poco distanti da case infette da morbo in discorso o da letamai in cui recossi la lettiera dei bachi infermi della stessa malattia.
    Per evitare i gravi danni che reca il moscardino, e' necessario non solo di stare attenti, che non abbiano accesso alla propria bigattiera i semi morbiferi, ma fa duopo d'impedire ancora, in quanto si puo', che non s'introducano questi fra i filugelli del vicino, al qual oggetto si deve procurare di persuaderlo della convenienza di adottare lo stesso sistema preservativo e d'indurlo a seguirlo. E se mai per disavventura il calcinaccio si sviluppasse in una propinqua bigattaja, massime se veste forma epidemica, fa di mestieri usare la maggior attenzione e prendere tosto tutte le necessarie misure onde impedire, per quanto e' fattibile che il rio morbo s'introduca nei propri bigatti, togliendo, in quanto si puo', ogni communicazione di cose, e di persone tra la propria e l'altrui bigattiera infetta: chiudere ben anche le aperture che la guardano, ogni volta che spira il vento da quella parte, e procurare persino di tener lontane le mosche dal contatto dei proprj bachi e dalla foglia che deve loro servire d'alimento, atteso che qualora avessero toccata la morbifera polvere nel vicino locale contaminato, potrebbero di leggieri arrecare il contagio tra i proprj bigatti, al qual fine giovera' tener moderata la luce, tanto nella stanza d'educazione, che nel luogo in cui si ripone la foglia e fare dei frequenti fumigi di zolfo. Inoltre devesi far istanza presso il vicino coltivatore flagellato dal moscardino, perche' metta subito in opera tutte le pratiche da me suggerite all'oggetto di arrestare il progredimento del male , e di togliere o di menomare, od almeno di non accrescere l'infezione, pel bene di se' e dei vicini; e si deve pur anche concorrere, se occorre, al sostenimento in parte delle relative spese, trattandosi di combattere il nemico comune e d'allontanare, piu' ch'e' possibile, il pericolo che s'insinui nelle proprie stanze d'educazione, il qual sinistro avvenimento accadendo, oltre a dover caricarsi di spese maggiori, si va a perdere di piu' una porzione del ricolto setifero.
    Intanto a maggior sicurezza, sul dubbio che l'esistenza del rio morbo nella bigattiera dcl vicino od in altra del paese, possa contaminare in alcun modo i proprj operaj, non si permettera' loro di cogliere, di distribuire o di altrimenti toccare in nessun modo la foglia da darsi ai bigatti e molto meno di metter mano in qualsiasi maniera ai medesimi, sia per trasportarli da un graticcio all'altro, o diversamente, e neppure alle robe a questi inerenti, se prima non si saranno bagnate le mani in uno dei liquori di cui diro' nel Capitolo seguente, o non le avranno passate almeno sopra la fiamma.
    Oltre a tutto cio' la prudenza vuole che si disponga ogni cosa in modo, tanto riguardo alle stanze d'educazione che rispetto al governo dei filugelli, onde nel caso d'introduzione per qualunque siasi causa nella propria bigattiera dei germi calcinali, tutto concorra a rendere meno facile, ch'e' possibile, lo sviluppo del morbo, e minore la sua propagazione, si' indebolendo gl'introdotti germi contagiosi, che rendendo poco opportuni i bigatti a riceverli in se' medesimi, a pascerli ed a riprodurli (4). Percio' si dovra' fornire le stanze d'educameuto di molte e grandi aperture e con isfogatojo in cadaun angolo, come diro' in appresso e rendere la bigattiera areata piu' che si puo' all'intorno, e difenderla dai raggi solari di mezzogiorno, tanto diretti, che riverberati. Allo stesso fine non si collocheranno molte tavole nella stessa camera, si terranno una distante dall'altra dieci once almeno del braccio milanese, e si conserveranno rari i filugelli su cadauna tavola o graticcio; Si dovra' dar loro da mangiare di sovente; non far piu' uso del calore artiticiale dopo la terza muta, ove il naturale non e' minore di 16 gradi; e tener sempre areato il locale di' e notte piu' ch'e' possibile dopo la quarta, e cibare i bachi sempre con foglia fresca, appena colta, e non mai meno di cinque volte al giorno. Si togliera' la lettiera ogni quarantott'ore, e se la stagione corre secca e calda, ed e' la foglia molto matura e dura, e l'aria ambiente della stanza d'educazione molto asciutta, si dovra' spargere dell' acqua sul pavimento nelle ore piu' calde del giorno, ad oggetto di rendere alquanto umida l'atmosfera e di abbassare di qualche grado la temperatura.
    E poi sempre da sollecitarsi la nascita e l'allevamento dei filugelli, piu' ch'e' possibile, e la loro maturanza con ogni sorta di cure e specialmente coll'uso del calore artificiale e della frequenza dei pasti, onde evitare in quanto si puo' la gran caldura di Giugno, che tanto contribuisce alla propagazione del mal del segno, allorche' si e' desso manifcstato, delle quali cose parlero' ampiamente nei due Capitoli seguenti.

Note dell'Autore al Capitolo I
(1) Chi vorra' contraddire fin anche alle principali basi della mia Teoria, fondate sopra un numero grandissimo di osservazioni e di sperienze, non rechera' alcun danno ne' a se, ne' agli altri, quando segua le prescrizioni da me regisirate in questa seconda parte della mia produzione onde porre in grado il coltivatore di tener lontano dai proprj lilugelli il fiero moscardino: ma se trascurera' l'osservanza delle pratiche a tal uopo da me riferite e raccomandate, qualunque sia nel resto la sua opinione, lasciando incombattuto il nemico nella propria bigattaja, rechera' non poco nocumento a se ed agli altri educatori degli utili insetti in generale.

(2) Non si vegliera' mai abbastanza per tener lontani dalle proprie stanze quegli uomini che col nome di bigattieri vanno errando dappertutto, offrendosi quali esperti educatori di fliugelli al governo di questi utili animaletti, una parte dei quali, conte ho gia' accennato di sopra, sono veri seminarj della micidial pianta parassita, di cui vanno spargendone all'intorno i semi esistenti nei loro abiti e nei loro effetti, e non poche volte ancora nella semente dei filugelli che portano seco.
    Percio' volendosi servire di questi sedicenti maestri dell'arte, o non potendone fare di meno, devesi immantinente, a sicurezza propria e dei vicini coltivatori, obbligarli a purificare molto bene, come si dira' in appresso, tutte le loro vesti ed i loro arnesi, avanti dl entrare nella bigattiera o di toccare cosa alcuna che debba servire dei preziosi insetii.

(3) In quanti modi puo' rendersi infetta la semente di calcino, l'ho gia' riferito nella parte Teorica al Capitolo V pagina 31.
    Ora debbo dire che la semente che vendesi dalle persone che ne fanno commercio e' ben difficile che non sia ammorbata. Acquistando esse per farla qua e la' i bozzoli in varie piazze o da diversi coltivatori e' quasi impossibile che non siano tra questi degli infetti di calcino.

(4) Non vi puo' essere mal del segno ove non vi sono germi calcinali. Ma non sempre e dappertutto ove esistono questi germi o semi morbiferi si sviluppa la malattia, ne' sviluppandosi si propaga dappertutto e sempre egualmente per la loro presenza. La malattia ha luogo o non ha luogo e si diffonde piu' o meno indipendentemente anche dal maggior o minor numero degli stessi germi morbiferi a tenore delle diverse circostanze, della diveesa stagione, della diversa foglia, del diverso governo e dell'eta' e stato pure diverao dei filugelli.
    Percio' l'attento coltivatore deve studiare molto bene l'intera mia produzione affine di tener lontano non solo dalla propria bigattiena i germi pestiferi, ma di renderli ben anche innocui o poco nocivi nel caso che sgraziatamente vi s'introducano, ponendo i bachi nella situazione di non venire offesi, od offesi meno che e' possibile col procurare tutte le possibili circostanze contrarie al rio malore, oltre le pratiche direttamente distruttive del contagio moscardinico e curative del baco affetto dal medesimo, di cui parlero' nel Capitolo seguente.


 
CAPITOLO II
Come si giunga ad arrestare i progressi della malattia allorche' essa si e' manifestata od a diminuirne almeno in quanto e' possibile il danno.

    Il coltivatore che vede rapirsi una gran parte de' suoi filugelli dal mal del segno, o quantunque poca parte, sa che la stessa malattia domina pure in altre bigattaje del Comune, dovendo temere a ragione che una perdita assai maggiore possa aver luogo nell'anno prossimo e piu' ancora nei successivi; terminato che sara' l'educamento in corso fara' ardere subito che puo' in luogo aperto un po' lontano dalla bigattiera, s'e' possibile, tutto il bosco e tutta la carta; anzi e' meglio abbruciare immantinente e bosco e carta in mezzo all'aja od alla corte o su d'un piazzale appena finito il ricolto dei bozzoli per non infettare il luogo e gli effetti con cui si mettono in contatto queste sostanze ammorbate, quando non si abbrucino subitamente. Non si adoperera' il bosco per isternire il bestiame, invece di arderlo, come potrebbe cader in mente a taluni, onde non contaminare nuove persone, nuove robe e nuovi locali, a grave pericolo di suscitare il mal del segno fra i filugelli delle future generazioni (1). Insieme al bosco ed alla detta carta, si abbruciera' pure tutta la carta che chiude le finestre delle stanze d'educazione quando esista, non che le frasche colle quali molti sogliono impedire l'ingresso per le stesse finestre ai raggi solari.
    Tutti i graticci ed altri arnesi che servirono all'allevamento dei bigatti, si lasceranno esposti per parecchi giorni ai raggi cocenti del sole sul nudo terreno, o contro un muro volto a mezzo di' avendo cura di volgerli alcune volte fra il giorno. Quindi si spazzeranno molto bene le camere d'educazione, la soffitta, le pareti, il pavimento e tutte le cose fisse ed immbbili in essa contenute col raccorre esattamente ovunque tutti i bozzoli ed i bachi calcinati, se ve ne sono e si porra' tosto tutta la materia sotterra, o la si seppellira' in mezzo ad un lettamajo in attualita' di fermento. L'operatore deve vestire una lunga camicia involgere i cappelli in pannolino, con calze e senza scarpe. Seguito il pulimento si bruciera' la scopa, si porra' nell'acqua bollente la camicia, le calze, ed il fazzoletto con cui si copri' la testa l'operatore e si lavera' le mani e leggermente anche il volto col cloruro di soda, di cui parlero' in appresso, o con una miscela di alcool e di altrettant'acqua in misura, oppure con acquavita greggia detta comunemente acquavita forte.
    S'infonderanno nell'acqua bollente, le vesti e le robe tutte che s'indossarono glinservienti e le persone tutte ch'ebbero frequenti accessi ai filugelli dominati dal moscardino, le camicie, le coltri del letto, le lenzuola, le fodere dei cuscini, o gli altri tessuti stati nelle stanze d o nelle attigue, o che possono essere stati in alcun modo ammorbati, e cosi' di tutti i piccoli arnesi sospetti d'infezione, non che i sacchi che servirono al trasporto della foglia o ad altri usi inerenti ai filugelli.
    Esistendo nel Comune delle bigattiere state prese nell'anno dal calcino, massime se vicine, s'impedira' per quanto si puo' ogni comunicazione di persone e di robe colle medesime, non solo nell'andante anno e nel sue successivo, ma per sempre costantemente, finattanto che non si saranno liberate dal malore, al qual oggetto si dovranno invitare i proprietarj delle stesse a voler dare le necessarie disposizioni pel bene loro e degli altri.
    Importa poi soprattutto il ventilare prestamente piu' che si puo', e pel maggior spazio di tempo possibile, tutte le stanze che servirono alla coltivazione dei bachi attaccati dal moscardino, tenendo spalancate di' e notte, finche' si puo', tutte le aperture e facendone anche delle nuove o allargando le gia' esistenti, e aprendo in ispecie degli sfogatoj negli angoli della camera, larghi dieci once almeno in quadro del braccio milanese, immediatamente sotto la soffitta, nell'uno o nell' altro lato del muro, o meglio al dissopra della stessa, nel piano superiore, i quali comunichino coll'aria esterna in qualunque situazione vengano costrutti (2).
    Ritirandosi i graticci dal sole si pongano al coperto in luogo areato, e si collochino gli uni sopra gli altri divisi in modo con pezzi di legno o di pietra, che l'aria possa continuamente rinnovarsi sulla loro superficie.
    In Marzo od in Aprile alla qual'epoca i germi calcinali, e pel lasso del tempo e piu' ancora per l'azione dell'aria e del sole, debbono gia' essersi di molto indeboliti, se non estinti, si passera' allo spurgo delle stanze, dei graticci e delle altre robe ammorbate. I raggi solari diretti e riverberati dal nudo suolo, o da un muro esposto a mezzo giorno, innalzando spesso nei gran calori dell'estate la temperatura oltre i quaranta gradi Reaumuriani, possono in poche ore estinguere i germi moscardinici, e lo stesso effetto puo' produrre in piu' giorni una temperatura ancor piu' bassa. Ma siccome il coltivatore non e' mai sicuro d' essere giunto coll'opera del sole a spegnere intieramente tutti i germi esistenti sui detti graticci e sopra altri effetti, massime parlando dei germi piu' giovani e piu' virulenti, non che di quelli che si trovano piu' degli altri al coperto dell'azione dell'aria e del sole, per essere certo della totale estinzione di questi esseri nocivi, deve ricorrere ad altri mezzi suppletorj, all'uso dell'acqua bollente o del suo vapore, della fiamma, del forno e soprattutto all'uso del liscivio caustico di potassa, che vale da solo a distruggere ogni contagio. Si ponno purificare i graticci coll'uso dell'acqua bollente, mettendo sopra due cavalletti a piano inclinato una tavola un po' piu' grande ed un po' piu' lunga del maggior graticcio, fornita di sponde ed avente un foro nel maggior suo pendio che metta sopra una caldaja a fornello, quasi piena d'acqua che si riscalda, e quando bolle, si sovrappone alla detta tavola un graticcio. Due persone si pongono ai lati del recipiente e con un vaso in mano di metallo a manico fermo, prendono l'acqua nel caldaro e la versano celeremente a piu' riprese sul graticcio, finche' tutta la superficie del medesimo rimanga assai bagnata. Il liquido versato ritorna tosto pel detto foro nel recipiente da cui levossi e l'acqua si mantiene sempre bollente con poco consumo di combustibile. Quello che si fa con un graticcio, si fa con tutti gli altri.
    Il disinfettamento col mezzo del vapore, puo' farsi, collocando i graticci in uno stanzino disposti in modo che l'uno sia un po' piu' discosto dall'altro, ed introducendo in questo il vapore dall'esterno col mezzo di un cannone che comunichi col coperchio di una gran caldaja piena d' acqua in ebolizione.
    Volendosi poi purificare coll'uso della fiamma, bene e presto e con tenue spesa. si appendono ad un trave sotto di un portico quattro fili di ferro con due altri attaccati a questi orizontalmente all'altezza di circa tre braccia da terra; oppure s'innalzano a cielo aperto quattro pali e si pone attraverso di essi due fili di ferro alla detta altezza. Su di questi fili si appoggia un graticcio. Si accende un manipolo di piccole canne e con tale fiaccola si abbrustolisce per dissotto il sospeso gra ticcio su tutta la sua superficie esattamente. Quindi si volta e si fa altrettanto dall'altro lato, ponendo mente di conservar sempre bagnate le mani ogni volta che si toccano i graticci sia pel loro trasporto che pel loro volgimento, colla detta acquavita o spirito di vino diluito, oppure col cloruro di soda, o coll' acido i allungato, o col liscivio di potassa di cui si parlera' piu' innanzi, onde non contaminarlo di nuovo colle mani infette.
    Si possono anche spurgare i diversi effetti non suscettivi di facile arsione, ponendoli nel forno dopo cavatone il pane. Ma la maggior disinfezione che vale da sola, quanto tutte le altre, ove venga bene eseguita, s'ottiene coll'uso del liscivio caustico di potassa. Si prepara con una parte di potassa che si scioglie in otto di acqua ed a cui si aggiugne un altra parte in peso di calce, detta calce colata, ossia di muratore (3). Ove non abbiasi di questa calce in pasta, si prende una meta' della detta dose di calce in ciottoli, si tuffano uno ad uno nell'acqua, e dopo alcuni minuti essendo screpolati ossia sfioriti, si spruzzano a piu' riprese colla stessa acqua mescolando mano mano la materia, finche' s' e' formata una molle pasta. Si empie di tal liquore un vasto caldajo o altro gran vaso; si pone un graticcio sulla tavola surriferita, e lo si bagna, come si disse dover farsi coll'acqua bollente. Purgato cosi' un graticcio, si pone sulla stessa tavola un altro, e cosi' si fa del resto. Un mezzo pero', se non piu' spedito, certamente un po' piu' economico ed alla portata di tutti i rispettivi coltivatori, venne giudiziosamente praticato dal signor Ingegnere Pietro Magretti di Milano. Egli pose il detto liquore da me suggerito in una vasca di legno detta volgarmente navazza di cui ci serviamo per cogliere e per pigiare le uve, ed in questa collocando in pendio un graticcio per volta lo bagnava dappertutto, mediante una scopa, volgendo dall'una e dall'altra parte lo stesso graticcio, onde tutto rimanesse bene purificato.
    Ma il miglior metodo e' quello di formare una cassa piu' lunga e piu' larga del maggior graticcio e alta piu' che e' possibile, e riempita questa quasi totalmente del detto liscivio caustico di potassa, collocarvi entro piu' graticci in una volta, e appena bagnati estrarli per porvene degli altri, finche' ve n'hanno da disinfettare. Quelli che sono incaricati del trasporto dei graticci da disinfettarsi, devono egualmente vestire e quindi purificarsi, come si disse, parlando di chi intraprende l'enunciata scopatura delle stanze.
    Finita l'operazione si aggiugne a questo liquore tanta altra calce in pasta, quanto ne occorre per formare un denso latte di calce atto ad imbiancare, e si disinfettano con esso tutte le stanze ammorbate compresa la cosi' detta camera calda, ossia lo stanzino in cui si pongono le uova a nasciinento, che importa anzi assai di ben purgare, non che i locali in cui giacevano i graticci infetti, la carta ed il bosco, quando non siasi arso questo subito dopo colti i bozzoli. Si comincia a bagnare con grossi pennelli la soffitta della stanza contaminata da disinfettarsi, indi le pareti, gli usci, le imposte delle finestre, i telai, i cosi' detti paloni o porta graticci, se sono fissi in luogo, e per ultimo il pavimento, ed il tutto sollecitamente, facendo operare, se abbisogna, piu' persone nello stesso tempo, onde poter subito chiudere dopo il locale e bene, in modo che il liquido si trovi ancor umido sulle pareti e sulle altre cose e principalmente sul pavimento, onde i germi morbiferi che si elevano nell'aria durante l'operazione, possano, ricadendo, col tranquillarsi dell'atmosfera ambiente, trovare la loro tomba in contatto del pavimento, dei muri e di altri effetti ancor bagnati ed umidi della detta materia struggitrice (4). Intanto che una o piu' persone, vestite come dissi dissopra, eseguiscono la detta imbiancatura, altri vestiti egualmente, bagneranno i vetri, se ve ne sono, co detto liscivio di potassa chiarito o coll'acquavita o coll'alcool misto ad altrettant'acqua, ovvero col cloruro di soda, oppure coll'acido nitrico allungato, come si dira' in seguito: e se in luogo dei vetri eravi la carta, dev'essere questa stata gia' bruciata, come ho detto, appena finita l'educazione dei filugelli in un al bosco ed all'altra carta. Collo stesso liquido si possono disinfettare i tavoli, le casse ed altri utensili che non si vogliono imbiancare. Tutto finito si chiude tosto la stanza e bene, come dissi, e non la si riapre che scorse ventiquattr' ore, o sei almeno, lasciandola quindi sempre totalmente aperta come prima, di' e notte piu' che e' possibile, principalmente nei giorni ventosi.
    Tutte queste pratiche possono bastare per lo spurgo delle robe rispettive; ma volendo ottenere il totale e piu' completo disinfettamento della bigattiera, fa duopo valersi ancora del fumigio che prendero' a dire, da eseguirsi, ben asciutta che sia la stanza parecchi giorni dopo la fatta imbiancatura. Di questo altro mezzo purgatorio addizionale dovranno far uso in ispecie quei coltivatori che furono sommamente maltrattati dal calcino l'anno antecedente e quelli pure che non poterono eseguire esattamente le riferite disinfezioni col detto liscivio caustico di potassa.
    Nelle stanze da affumicarsi, si possono introdurre ancora i rispettivi graticci, quando non abbiano subita che l'azione del fuoco, dell'acqua bollente o del suo vapore oltre quella del sole, atteso che se vennero sottoposti al bagno del detto liscivio caustico di potassa, non occorre altro per la loro piena disinfezione, poiche' ove l'operazione sia fatta bene, in maniera cioe', che tutto l'intero graticcio venga bagnato da tale liquore, questa pratica puo' da sola procurarci il completo disinfetta—mento del medesimo. I graticci si collocano nella camera da affumicarsi sui rispettivi sostegni , come se avessero a servire all' educazione dei filugelli ponendo mente soltanto di tenerli alti da terra da circa due braccia per evitare ogni pericolo d'incendio, e di non porli sopra il vaso fumicatorio, onde lasciar luogo ai vapori di meglio spaziare per la camera. Nella stessa si possono introdurre ancora gli altri utensili stati infettati e della cui perfetta e totale disinfezione non si e' per anco ben sicuri.
    Il fumigio si fa collo zolfo in ragione di due libbre piccole per ogni cento braccia cube della capacita' della stanza, a cui si unisce un decimo di nitro in peso, affine di rendere piu' completa, piu' facile e piu' sollecita la combustione. Posta la materia in cinque vasi di terra, se ne colloca uno in mezzo della stanza da purificarsi e gli altri quattro nei quattro angoli della medesima. Si mettono molti zolfanelli alla superficie del combustibile, perche' arda tutto sicuramente, e chiuse assai bene tutte le aperture del locale ed anche la gola del cammino con un fascio di paglia, di fieno, di stoppa o d'altro, si appicca il fuoco ai zolfanelli e si esce dalla camera chiudendone bene l'uscio colle rispettive fessure, se ve ne sono; e non la si riapre che dopo ventiquattro ore, ed in qualunque caso di bisogno non mai prima di sei ore dall'incominciata combustione.
    Le solite fumigazioni alla Morveau ed alla Smith, sono affatto insufficienti allo spurgo in discorso, non per la natura loro, che' tanto il cloro che l'acido nitrico sono validissimi dissinfettanti, ma per la poca quantita' di gas che si mette in azione nella camera che si vuole purificare. E raddoppiandone la dose piu' e piu' volte, oltre ad agire questi fumigi assai lentamente, in confronto del nitro-zolforoso, riesce ben anche di una spesa maggiore. Prima che nascano i bigatti, e meglio ancora prima di metter mano alla semente, e' bene a maggior garanzia contro il calcino, di far porre un'altra volta nell'acqua bollente le coltri del letto degli abitatori delle stanze d'educazione dei filugelli, e le altre robe che non si mettono in bucato, potendo essersi infettate nuovamente dal seguito purificamento a quest'epoca col contatto di altre cose ammorbate, se non di molto, quanto basta per poter riprodurre nella bigattiera il mal del segno, e ancora perche' vi hanno tra i germi recenti di quelli dotati di tanta virulenza che resistono, finche' sono assai giovani, sino alla temperatura dell'acqua bollente per alcuni minuti primi senza estinguersi.
    Terminate le purificazioni delle stanze e delle robe tutte, come si e' insegnato, od anche prima, quando la stagione fosse gia' di troppo inoltrata, si passera' al purgamento della semente, se sospetta d'infezione nel modo gia' indicato nel Capitolo primo, e posta in istanza incontaminata o stata purificata, chiusa in sacchetti di carta od in vasi di latta, o diversamente, la si conservera' al solito sino all' epoca di porla a covo.
    Chi ebbe il calcino l'anno antecedente, sebbene usate tutte le riferite disinfezioni, e tolta ogni sorta di comunicazione colle bigattaje ammorbate del paese, quando ve ne sono, e purificata ben anche la semente, se sospetta d'infezione, con tutto cio' nati che siano i bigatti, deve stare bene attento se ne vede dei calcinati, servendosi a tal uopo ben anche di acute lenti, massimamente nel tempo della prima muta, e se esiste il mal dei segno nel Comune presso qualche coltivatore, o avendo esistito l'anno addietro, non sonsi praticate le necessarie purgazioni, non deve mai permettere ai proprj operai di toccare la foglia, i bachi che governano o alcuna delle robe che deve porsi in contatto con questi, se prima non avranno lavate le mani nell'acquavita greggia cosi' detta forte o collo spirito di vino unito ad altrettant'acqua, oppure col cloruro di soda o nell'acido nitrico diluito o col liscivio medicinale di potassa, come diro' in seguito, o passate almeno le mani sulla viva fiamma.
    Un' eguale attenzione devono prestare ai proprj filugelli quelli pure che non ebbero il calcino nella loro bigattaja l'anno antecedente, potendosi in piu' modi introdurre talora il tristo germe malgrado la piu' scrupolosa sorveglianza.
    I primi, se ad onta delle seguite purificazioni e delle prese cautele onde non recare di nuovo l'infezione nelle stanze d'educamento, vedono nelle prime eta' dei filugelli morti dal mal del segno; in tal caso levati i bachi dai graticci, e posti sopra altri non infetti o depurati e sopra carta nuova, e sotterrata la lettiera e la vecchia carta, o sepolta in mezzo al letame in fermento, e disammorbati i vuoti cannicci almeno colla fiamma, dovranno dar da mangiare agli stessi bachi foglia bagnata con un liquido preparato con quattro parti di potassa in peso, trentadue d'acqua ed una della suddetta calce in pasta. Sciolta la potassa nell'acqua, vi si aggiugne la calce; si lascia un po' in riposo il liquore, indi si decanta, perche' rimanga sul fondo la deposta calce. Si spruzza con questo, servendosi di un inaffiatojo, la foglia tagliata al solito e posta a cumulo, seguitando a voltarla e rivoltarla sottosopra, finche' si e' tutta bagnata, ma non tanto pero' che goccioli: dovra' essere si' bagnata a un dipresso come quando la si coglie dall' albero cessata dappoco la pioggia. In tale stato la si distribuisce sopra i filugelli giusta l'usato, di maniera che ne restino tutti ben coperti. Quando l'hanno mangiata, ossia dopo circa tre ore si da' loro altra foglia pura, cioe' non medicata e cosi' si prosegue a nudrirli giusta l'usato. Chi volesse usare di un rimedio piu' attivo e piu' innocuo ancora alla salute dei filugelli, sebbene di maggior spesa, onde assicurarsi meglio della loro guarigione, adoperi invece del detto liscivio di potassa, il cloruro di soda di cui si parlera' piu' oltre. Se poi per la fornita foglia bagnata, la lettiera si trovasse quindi di troppo inumidita, la si torra' immantinente, onde non nuoca fermetitando ai preziosi animaletti. Scoprendosi nelle successive eta' altri calcinati, si ripete il rimedio, e quando ne apparissero in maggior copia che nelle precedenti si soiuininistrera' invece d'uno, due pasti di foglia medicata, uno presso all'altro, e si cambiera' dappoi il letto, trasportando i bachi sopra nuova carta e cannicci incontaminati. Non volendosi aggiugnere alla potassa la detta calce, per operare piu' prestamente e rendere il rimedio ancor piu' innocuo si adoprera' una parte di potassa sciolta in sei d'acqua; la quale, sebbene un po' meno efficace, produrra' lo stesso effetto; anzi si puo' usare questa una e due volte al giorno di continuo occorrendone il bisogno, senza nuocere menomainente alla salute dei filugelli, ove si abbia soltanto la cura di torre il letto subito che si mostra di troppo inumidito. Passato il quarto torpore, se si vedranno ancora dei filugelli periti di moscardino si fara' uso del prescritto medicamento, ogni volta che si deve torre dissotto il letto nell'ultimo pasto, cio' che deve eseguirsi in questa eta' ogni quarantott'ore. E qualora invece di diminuire il numero dei morti di calcino, andasse crescendo, oppure senza crescere, la stagione calda e secca, e la foglia dura, e la poca ventilazione, e l'alta temperatura della stanza, rendessero probabile una maggior propagazione della malattia nell'inoltrarsi dei bachi verso la loro maturanza, in questo caso si trasferiranno i filugeili, s'e' possibile, in altra camera migliore od in altro luogo coperto qualunque, se ve n'ha alcuno opportuno, oppure, ove si fosse costretti a dover lasciarli nella camera in cui si trovano, converra' aumentare almeno le aperture della medesima, formandone delle nuove o ingrandendo le gia' fatte, onde dare al locale il maggior possibile areamento, come converra' ancora diminuire il numero delle tavole, se troppo numerose, in ragione della capacita' della bigattiera, e diradare ben anche i filugelli sulle stesse tavole se troppo fitti: e continuando il tempo caldo e asciutto e la foglia ad essere assai consistente e dura, si dovra' somministrare questa sempre fresca appena colta e cinque volte al giorno almeno, e si spargera' di sovente dell'acqua sul pavimento, nelle ore principalmente piu' calde del giorno, tenendo sempre costantemente spalancate di' e notte tutte le aperture della bigattiera, non chiudendole che in parte per difendere i bachi dal sole e dal vento impetuoso, quando e dove abbisogna (5).
    Appena apparso il mal del segno tra i proprj filugelli, nessuno non dovra' mai piu' cogliere foglia, distribuirla o metter mano altrimenti alla medesima, ne' toccare mai i bigatti, o cose ad essi spettanti, se prima non avra' bagnate le mani con alcuno dei sunnominati liquori. La stessa precauzione si dovra' usare tutte le volte che si sapra' essersi manifestato il moscardino in qualche bigattiera del Comune, sebbene non sia per anco entrato nella propria.
    I secondi poi, cioe' quei coltivatori, che non avendo veduto tra i loro filugelli il moscardino l'anno innanzi, lo vedono comparire nell'andante educazione, rifletteranno tosto sulle circostanze che possono averlo introdotto, e sembrando loro assai probabile che il contagio sia stato importato da l'infezione delle uova, o da bachi presi gia' nati o fatti nascere presso d'altri, massimamente se la malattia si e' manifestata nella prima, o tra la prima e la seconda dormizibne, e non alcuni soltanto, ma molti siano i bachi trovati morti nello stesso tempo di calcino, in tal caso il miglior partito da prendersi e' quello di seppellire l'intera covata e purificare esattamente le robe e le persone che li toccarono, e procurarsi altra semente non sospetta di contaminazione, oppure altri bachi sani s'e' possibile. Se nulla puo' aversi o la stagione si trova gia' di troppo inoltrata, converra' ommettere per quell'anno la coltivazione dei bachi e vendere la foglia, o lasciarla sulla pianta a maggior vigore ed incremento del gelso, non che per un ricolto molto piu' copioso nell'anno che segue. Diversamente non potendosi conoscere come il malore insinuossi tra i proprj animaletti, e sembrando verosimile che siasi introdotto per opera di persone o di cose ammorbate, tanto piu' se il morbo esiste in paese, allora si procedera' immantinente pel risanamento degli infetti, e per trattenere i progressi del male, o renderlo almeno meno pregiudicevole ch'e' possibile, col metodo e nel modo di sopra indicato, seguendo nei rispettivi casi le pratiche or ora esposte per i coltivatori ch'ebbero il calcino l'anno indietro, e che malgrado i fatti purgamenti e le prese precauzioni lo videro ricomparire fra i loro bigatti nell'andante educazione.
    Chi non volesse nel primo caso sagrificare la covata, come dissi, e procurarsi altre uova o altri bachi sani o tralasciare per un anno di educarne, sebbene sia assai difficile in tale circostanza il trarre ancora buon profitto dall'allevamento di tali filugelli, che devono supporsi pressocche' tutti o per una gran parte almeno infetti di moscardino, e quel ch'e' peggio ancora, gia' d'assai inoltrata, in molti individui almeno, la malattia, non lascero' di esporre cionnonostante il metodo di cura che l'esperienza mostrommi il migliore in tale emergente.
    Si tolgono prestamente dal loro letto i piccoli bachi, tosto che se ne scorgono dei periti dal segno, si trasportano sopra una tavola e carta incontaminata, e si da' sepoltura, nel modo gia' indicato, alla lettiera ed alla sottoposta carta, e si purifica col detto liscivio caustico di potassa o almeno colla fiamma il vuoto canniccio e l'altre robe infette se ve ne sono, alfine di non diffondere maggiormente all'intorno l'infezione a danno dei filugelli viventi e dei nascituri. Si da' quindi ai bachi cosi' collocati la foglia medicata. Trattandosi nel caso in discorso di un'infezione maggiore di bachi, e piu' diffusa tra essi, invece di far uso del proposto liscivio medicinale di potassa, e' meglio servirsi del cloruro di soda. Costa di piu' del detto liscivio, ma e' ancora il rimedio piu' efficace ed il piu' innocuo nello stesso tempo, e adoperato nelle tre prime eta', la spesa e' ancor tenue, poca essendo la foglia che si mangia dai bigatti in questo tempo; ed e' altronde da rillettersi, che se maggiore e' il dispendio, assai maggiore e' poi il vantaggio che se ne ottiene. Si usa misto ad altrettant'gcqua o ad una meta' soltanto del suo peso. Deve avere puro, per essere cosi' diluito, la densita' a un dipresso di quattro in cinque gradi dell'areometro di Beaume' (6) e segnare due gradi del declorimetro di Gay-Lusache. Non volendosi esporre al pericolo di errare in piu' od in meno rispetto alla sua energia, in attenzione che venga da me indicata col mezzo dei pubblici fogli od in altra edizione della mia opera, una o piu' fabbriche in cui si prepari sempre della stessa qualita' e forza, tanto il detto cloruro che l'acido nitrico, di cui parlero' innanzi, i coltivatori potranno intanto dirigersi alla ditta Domenico d'Ignazio Belloni in Lodi, o dai Farmaci signori Siro Stagnoli contrada dei Bigli n. 1252 e Giuseppe Pessina corso di Porta Vercellina n.° 2611 in Milano, i quali forniranno il detto cloruro da me proposto.
    Piu' utilmente ancora del detto liscivio di potassa puo' servire l'acido nitrico. Questo agente va pero' usato con molto giudizio, poiche' se e' troppo, pregiudica ai filugelli e se e' poco, rende inutile il rimedio: si allunga con tant' acqua, finche' segni due gradi poco piu' del riferito areometro. Dai detti signori potra' aversi ancora l'acido nitrico purissimo, e la necessaria istruzione per ben usarne. In mancanza dell'uno e dell'altro dei detti liquori, cioe' del cloruro di soda e dell'acido nitrico, si fara' uso dell'accennato liscivio di potassa. A questo liscivio si' caustico che medicinale, si potrebbe surrogare il ranno colle dette dosi di calce, ma oltre ad essere poco attivo e' ancora non del tutto innocuo per le diverse sostanze straniere che contiene il liscivio comune preparato colla cenere delle legne. Tutti tre questi preparati, il liscivio di potassa, il cloruro di soda, e l'acido nitrico diluito estinguono il germe calcinale sul corpo del filugello col tocco della foglia da loro bagnata, e combattono il contagio anche internamente introdotti nel baco coll'alimento. I medesimi farmachi possono servire pel bagno e disinfettamento delle mani, di cui si fece cenno disopra (7).
    Tagliata al solito minutamente la foglia, la si asperge del detto liquore di cloruro di soda e la si volge sottossopra fintanto che ne rimane tutta leggermente bagnata. Si coprono con essa i bigatti, e passate circa tre ore si da' loro altra foglia pura: e dopo altrettanto tempo, si somministra nuova foglia medicata. Quindi scorse altre tre ore si levano un'altra volta dal letto gli stessi filugelli, per collocarli sopra altro graticcio ed altra carta incontaminata. Si da ai bachi un pasto intermedio di foglia pura per non far soffrire quelli che mangiassero ben poco o nulla della foglia bagnata nel caso che si fornisse un pasto dietro l'altro della medesima. Qualora si scoprisse il segno tra i proprj bachi appena seguita la muta, allora si fornisce loro subito la detta foglia medicata sul nuovo letto, trasportandoli poi dopo seguiti i detti due pasti; si opera nel modo come dissi, rispetto alla prima e seconda lettiera ed alla vecchia carta e cosi' egualmente colle successive lettiere e colle altre cose ammorbate, finche' si vedono bachi morti di moscardino durante il corso della coltivazione. Seguita la seconda muta, si sottopongono i filugelli allo stesso trattamento se il male manifestossi prima, e se si videro dopo la fatta medicazione ancora dei bachi calcinati. Passato il terzo torpore; e apparendo tuttavia dei morti di moscardino, si continua a far uso del riferito cloruro di soda, come ho detto, ed anche una volta al giorno, se occorre, da che e' sempre innocuo quando si ponga mente solo di non lasciare di troppo inumidire disotto il letto, avanti di cambiarlo (8). Volendosi pero' minorare la spesa del medicamento, si fa uso invece del cloruro di soda, del detto liscivio di potassa, preparato con calce o senza calce, come si e' detto, a piacere, oppure dell' acido nitrico allungato come si e' detto. Dopo la quarta dormita, se occorre ancora il bisogno, mostrandosi altri calcinati, si procedera', come ho accennato di sopra, per gli altri coltivatori ch'hanno ancora il segno tra i loro filugelli dell'eta' quinta.
    Quelli ai quali incombe il governo dei bachi, dovranno avanti di toccarli o toccare la foglia o altre cose ad essi serventi, depurarsi le mani, come si disse dal momento in cui si videro i primi calcinati sino al termine dell'educamento.
    In tutti i casi poi d'apparizione del rio morbo nella propria bigattiera, abbia o no esistito l'anno innanzi, e siensi fatte o no le prescritte disinfezioni, appena si vede, il primo baco calcinato, s'incarichera' persona del coglimento esatto e costante di tutti i morti nessuno eccettuato s'e' possibile. Ogni volta che devesi distribuire la foglia ai filugelli pel loro alimento, chi fu incaricato di tale ricolto, deve scorrere anteriormente una ad una tutte le tavole e cogliere tutti i bachi morti che puo' rinvenire, qualunque sia la causa per cui perirono; poiche' non conoscendosi, o almeno non sempre, il bigatto che mori' dal segno, appena estinto, e' bene per evitare ogni errore in questa parte tanto importante, di raccorre indistintamente tutti i cadaveri subito veduti, massime che cosi' operando si toglie anche il pericolo di propagare coi morti la malattia del negrone e quella del giallone, le quali sono pur esse attaccaticcie e si comunicano facilmente coll'alimento infetto di materia morbosa, come faro' vedere in fine di questa mia produzione. Ove il numero dei filugelli morti fosse poi grande, siffatta ricolta s'ha da fare piu' di frequente e renderla ben anche continua, se occorre, onde poter ritirarli innanzi che arrossino, e prima sempre che divengano bianchi, s'e' possibile, per raggiugnere lo scopo pel quale si raccolgono, ch'e' quello d'impedire piu' che si puo', la diffusione all'intorno dei germi contagiosi. Nelle prime eta' dei bachi difficilmente potendosi raccogliere i filugelli estinti attesa la loro piccolezza, si medicano i vivi come ho detto tosto che si scorge qualche baco calcinato, e si seppellisce prontamente la lettiera. Il raccoglitere porta nella mano sinistra un vaso di terra verniciata o di metallo a manico fermo, avente sul fondo un po' di sabbia, terra o segatura di legno od altra materia polverulenta e con tre dita della destra prende leggermente il baco estinto e lo pone con lentezza nello stesso vaso, badando di toccare il meno ch'e' possibile i bachi vivi attigui; principalmente se il cadavere e' gia' imbianchito, onde non comunicare loro la stessa malattia: come per il medesimo principio si guardera' dal metter mano a cosa alcuna, almeno colla destra, flnche' non si sara' disinfettato. E meglio operera', se tutte le volte che coglie un morto gia' fiorito ossia calcinato, si purifichera' subito le dita merce' il cloruro di soda, l'alcool, il liscivio caustico di potassa, o l'acido nitrico diluito, come si disse, la qual sostanza purificante puo' tenersi assai utilmente in un vasetto attaccato al medesimo recipiente, in cui si pone l'estinto filugello, perche' cosi' si disinfettano tosto le dita senza allontanare la mano dal vaso con pericolo di spargere nll'intorno e sugli stessi bachi tuttora sani la polvere micidiale.
    Scorsi ch'ha il raccoglitore tutti i graticci, copre con sabbia o terra i morti bachi posti nel vaso e si purifica le mani con uno dei suddetti liquori. Quando il recipiente e' pressocche' pieno si versa tutto il contenuto in una fossa vicina a cio' preparata e si copre con un po' di terra. Si fa altrettanto successivamente, continuandone sempre il ricolto collo stesso metodo, finche' non succede quello dei bozzoli, non esclusi i morti sul bosco, anzi sono questi quelli che si debbono cogliere con diligenza, e sempre prima, s'e' possibile, che s'imbianchino, salendo in alto spesso a tal fine con iscale od altrimenti e percorrendo esattamente coll'occhio ogni punto, ad oggetto principalmente di non abbruciare la materia boschiva, se e' possibile, e conservarla per le susseguenti educazioni nel caso contemplato di quei coltivatori, che non ebbero che pochi bachi calcinati, per non aver avuto il segno l'anno prima, o per essersi praticate le necessarie da me proposte purificazioni (9).
    Tanto i primi che i secondi coltivatori poi, cioe' si' quelli ch'ebbero nella loro bigattaja il calcino l'anno antecedente, come quelli che non l'ebbero, manifestandosi il rio morbo tra i proprj filugelli nell'educamento in corso, terminato che sara' questo, volendo conservarli esenti, per quanto da loro dipende dal terribile malore per l'avvenire, dovranno bruciare tosto tutta la carta ed anche il bosco, se si trovarono in questo dei bachi calcinati sfuggiti alla ricolta dei morti, oppure colti sul bosco gia' imbianchiti: si esporranno al sole i graticci cogli altri arnesi e si dara' il piu' grande possibile areamento alle stanze, tenendone spalancate piu' che si puo' le aperture e pel maggior spazio di tempo possibile, ed a maggior sicurezza si affumicheranno, prima di riporvi i filugelli, gli stessi locali in un ai graticci, o si purificheranno questi diversamente, il tutto nel modo ch'ho diggia' insegnato, e molto meglio ancora se si fara' uso per disinfettare le stanze ed i graticci del detto liscivio caustico di potassa, il quale e' certamente uno dei piu' potenti nemici del calcino: come sempre allo stesso scopo di rendersi piu' sicuri contro il terribile moscardino, sara' bene a maggior cautela di far bagnare le mani ai rispettivi inservienti tutte le volte che debbono toccare la foglia, i filugelli e le cose che li riguardano col detto liscivio medicinale di potassa, o col detto acido nitrico diluito, o meglio col cloruro di soda. La stessa pratica dovra' seguirsi ogni anno fin tanto ch'esiste il mal del segno nel Comune, sotto forma epidemica in ispecie, onde evitare cosi' il pericolo d'introdurre di nuovo il rio malore tra i proprj bigatti, per essersi in alcun modo i rispettivi operaj contaminate le mani col tocco dei bachi o di cose infette.
    Quei coltivatori ch'ebbero il calcino tra i proprj filugelli, e quantunque assai flagellati, avendo vestita la malattia forma epidemica, non vollero cionnonostante intraprendere le da me prescritte disinfezioni, o per effetto d'avarizia o perche' non persuasi dell'utilita' loro, o perche' nella lusinga di andare esenti dal rio morbo nel prossimo venturo allevamento, al primo apparire nella nuova educazione tra i loro bigatti del moscardino, il quale suole d'ordinario manifestarsi in tali circostanze dopo la prima o la seconda muta, volendo arrestare il progredimento del male o scemarne almeno il grave danno che da esso ne sarebbe altrimenti per derivare, pongano i loro filugelli sopra nuova carta e tavole incontaminate, in istanza non infetta, se esiste, diversamente si depura con prestezza quella in cui si trovavano col detto liscivio caustico di potassa. E non potendosi, o non volendosi far uso del detto liscivio, si ha riccorso al potente fumigio fatto con tre libbre di zolfo per ogni cento braccia cube della capacita' della camera da disammorbarsi e coll'adizione di un decimo di nitro, nel modo gia' indicato. il quale fumigio pero' oltre ad essere molto meno attivo dell'imbiancamento del detto liscivio caustico di potassa, esige anche una spesa eguale, se non maggiore (10): si seppellisce la lettiera e la vecchia carta, come ho accennato, e si curano i filugelli col cloruro di soda o coll'acido nitrico diluito, o col detto liscivio medicinale di potassa, dando loro due pasti di foglia bagnata con uno di questi liquori nel modo gia' riferito nell'ultimo caso precedente.
    Mostrandosi il segno o calcino dopo il primo o secondo torpore, sara' meglio usare del detto cloruro di soda. In seguito continuando la malattia, si potra' adoperare a risparmio di spesa il riferito liscivio medicinale di potassa o l'acido nitrico diluito, come si disse. Qualora poi il rio morbo inosservato o non curato nelle prime eta', apparisse tremendo dopo la terza muta, volendosi trattenerlo, o diminuirne almeno d'assai il danno, portati che si saranno i bachi in altra stanza, e depurata quella in cui giacevano, sepolta la lettiera o la carta e disinfettati i vuoti graticci, e medicati i filugelli col detto liscivio o acido nitrico, il tutto come dissi poc'anzi, si cessera' di far uso del calore artificiale, quando la temperatura della bigattiera non si trovi al di sotto del sedicesimo grado. Si dovra' ventilare il locale, lasciando socchiuse le aperture principalmente nelle ore piu' calde del giorno, diradare le tavole nella bigattaja ed i filugelli sulle stesse tavole, e dar loro foglia fresca appena colta cinque o sei volte al giorno. E quando non si mostrasse assai micidiale il calcino che scorsa l'eta' quarta dei bachi, o benche' gia' rapite non poche vittime nelle eta' precedenti, il coltivatore non seppe determinarsi a combatterlo che a quest'epoca, allora si torranno subito dalle stanze in cui giacciono e si trasporteranno all'aria libera in altri locali non infetti o disammorbati, piu' freschi, piu' ampli e piu' ventilati, se ve ne sono, e ben anche nelle rimesse, nelle aranciere, nelle stalle, se grandi, e sino sotto i portici o sotto a pure tettoie ad aria affatto aperta, collocandoli quivi sopra nuova carta e tavole non containinate e curandoli colla foglia medicata col detto liscivio o coll'acido nitrico, e assai meglio, non ostando la spesa, col decantato cloruro di soda allungato, il tutto nella maniera gia' accennata. Ne' si tema che il freddo possa nuocere gravemente alla salute dei bigatti ancora nell'eta' quinta. In tutti i casi poi il freddo reca sempre minor male, del calcino divenuto epidemico: al freddo si puo' altronde in parte por riparo anche sotto i portici e sotto semplici tettoje con istuoje, coltri o altri tessuti e facendo continue fiammate. Si difendano i bachi all'aria aperta dalla pioggia e dal sole, ed il rio morbo non potra' mai recare loro, cosi' governati, grandissimo danno, quando bene non venissero quivi trasportati gia' prossimi a morire di calcino. Sottratti cosi' i filugelli al contagio dominante, all'atmosfera moscardinica, al grande seminio stabile e mobile dei semi morbiferi della stanza dei diversi corpi e dell'aria ambiente contaminata, diminuita la virulenza di quelli tuttora vivi sui corpi dei trasferiti bachi, sfuggiti all'azione dell'usato rimedio, piu' indeboliti questi dalla presenza dell'aria libera e disturbati nelle loro invasioni dal suo movimento, e resi, ancora gli stessi bachi meno opportuni a nodrirli in essi introdotti pel diminuito calore atmosferico, il crittogamo parassito cessa cosi' dalle sue stragi, ed il coltivatore ottiene ancora un buon ricolto setifero, come ebb'io a conoscere piu' volte nei diversi miei sperimenti comparativi.
    E se mai non si potesse collocarli all'aria libera, ne' in istanze migliori, meno calde, piu' ample e piu' areate? ma si fosse obbligati a dover lasciare i filugelli negli stessi locali; spurgati questi prontamente coll'uso del detto liscivio caustico di potassa o almeno col riferito potente fumigio nitro-zolforoso, si faranno nuove aperture, o si ingrandiranno le gia' fatte, si' che riceva la bigattiera con tali aprimenti il massimo possibile areamento; si metteranno in azione, s'e' possibile, dei ventilatori artificiali; si faranno delle frequenti accensioni di pizzichi di polvere da cannone qua e la' sparsi per la camera che pur giovano in queste circostanze: si difendera' la bigattiera dai raggi solari, si' diretti che riverberati dal lato di mezzo giorno; si fornira' immantinente ai filugelli foglia medicata col detto liscivio o acido nitrico diluito, e meglio, s'e' possibile, col detto cloruro di soda una volta al giorno e sempre prima di togliere il letto quando lo si cambia, cio' che deve farsi come ho detto ogni quarantott'ore, e molto piu' utilmente si operera' ancora se si cambiera' in questo caso la lettiera tutti i giorni: si dara' foglia fresca appena colta con frequenti pasti; si diraderanno i graticci nelle stanze ed i filugelli sui graticci; si spargera' di frequente dell'acqua sul pavimento, e si bagneranno ben anche i muri, se molto secca sara' l'atmosfera e assai dura la foglia, conservando sempre spalancate, come si disse, di e notte tutte le aperture finattanto che non sara' seguito il ricolto dei bozzoli, e continuando pure mai sempre sino a quest'epoca il coglimento di tutti i bigatti morti, nel modo gia' mentovato; i quali ove fossero si' numerosi da rendersi quasi impossibile l'intera loro ricolta se ne cogliera' in tal caso il maggior numero possibile, ed in ispecie i rossi ed i fioriti ossia imbiancati, e prima questi di quelli, affine di non ispargere all'intorno nella bigattaja e fuori della medesima a miriadi di miriadi i semi moscardinici a maggior danno di se degli altri coltivatori, e nell'andante e nelle future educazioni. In questo caso di somma ferocia del moscardino e d'immense vittime sagrificate al suo furore, si dovra', giunto il tempo di levare i bozzoli, portar fuori il bosco dalla stanza d'educazione all'aria libera, ed ivi staccare i serici tessuti, dar fuoco tosto a tutta la materia boschiva, onde ardano con questa ancora e si consumino tutti i semi mortiferi in essa contenuti. Tutte queste operazioni tendono all'oggetto, seguendo la teorica del calcino, di diradare nella stanza i semi del vegetabile parassito, ossia i germi contagiosi, di scemare il loro vigore, d'indebolirli, di rendere meno frequente il loro accesso ai filugelli, di difficoltarne l'introduzione nei medesimi e di spegnerli ben anche, s'e' possibile, e rendere sempre meno opportuno il filugello a pascere ed a riprodurre, in se', ricevendolo, il rio parassito (11).
    In fine chi essendo stato maltrattato nell'educazione dei filugelli dal feroce moscardino, e quantunque persuaso dell utilita' delle purificazioni da me suggerite, e voglioso di praticarle, non pote' nulladimeno mandarle ad effetto per mancanza delle necessarie istruzioni, non avendo letto a tempo il mio libro, o per altre cagioni, se deve porre ancora a covo la semente, e sia essa sospetta d'infezione, benche' alla vigilia di doverla mettere a nascimento, potra' ancor purificarla, bagnandola a maggior precauzione con due quinti d'alcool di trentadue gradi almeno e tre d'acqua in misura, e prestamente e prontamente pure facendola asciugare col distenderla sottilmente, e quindi disinfettando collo stesso liquore le cose che la contenevano, si purificheranno pure le mani col medesimo avanti di ritoccare la stessa semente riasciugata. Fara' subito spurgare la camera calda col detto liscivio caustico di potassa, lasciandola chiusa sei ore almeno, per porvi dappoi qualche giorno dopo riaperta, le uova a covo. Si disammorberanno pure collo stesso liquore le stanze tutte serventi all'educamento, i rispettivi graticci e gli altri effetti contaminati che non soffrono questo bagno. Si abbruciera' il bosco e la carta, e si procedera' nel resto, apparendo dei bachi periti di calcino, come prescrissi per quelli che malgrado l'esecuzione di tutte le prescritte disinfezioni, videro nullamanco ancora dei calcinati tra i filugelli della nuova educazione. Che se poi allorche' si trova in grado di operare coi miei principj, i di lui bachi sono gia' nati, in tal caso eseguira' tutte le disinfezioni che si ponno ancora eseguire, ad oggetto sempre di prevenire la ricomparsa del rio malore o di scemarne almeno in quanto si puo' il danno, che da questo proviene: e quando non potesse operare che dopo d'essersi manifestato il moscardino tra i nati filugelii, allora si condurra' come devono condursi quelli che vollero far nulla prima di vedere risorgere nella lor bigattiera il mal del segno.
    Ove infierisce il calcino, non si dovranno mai cibare i bigatti colla foglia dei gelsi situati in vicinanza al locale nel qual domina il rio malore, potendo facil—mente l'aria recare nel suo movimento la polvere contagiosa sui viciui mori. Non potendosi fare di meno di questa foglia, la si bagni prima di distribuirla ai bigatti col detto liquido medicamentoso di potassa, il quale mentre spegne i germi morbiferi esistenti sulla foglia, distrugge pure quelli che trovansi per avventura sui filugelli. E quando non si volesse, o non si potesse bagnare la foglia col riferito liquore o con altro degli accennati, si potra' alimentarne i bachi, ove sia veramente necessaria, negli ultimi pasti avanti che salgano al bosco; nel qual caso, benche' s'infermino di calcino, hanno tempo prima di emettere la loro seta, e di non privare il coltivatore cosi' del prodotto pel quale li ha educati, sebbene moltiplichi sempreppiu' in tal modo i semi morbiferi a danno delle future generazioni presso di se' e degli altri, qualora non si prevenga il male coi mezzi a cio' necessarj.
    Con piu' sostanze ed in piu' maniere si puo' combattere direttamente o indirettamente il contagio calcinale, ed ove allontanarlo, ed ove indebolirlo, ed ove spegnerlo ancora interamente. Il cloro, l'alcool, il liscivio caustico di potassa, l'acido nitrico, il zolforico, il muriatico, l'ammoniaca, il mercurio, il jodio, il chinino, la canfora ecc. L'aria libera, l'elettrico, il gran calore, si' secco che umido (12), il sole, l'acqua bollente o puramente scottante, il suo vapore, il lasso del tempo ecc. le forti e copiose emanazioni, o evaporazioni di parecchie sostanze, dell'amoniaca, dello spirito di vino, del cloruro di calce, del jodio, della canfora, della valeriana, del tabacco, dell'essenza di trementina ecc. (13), queste ed altre sostanze sono tutti agenti che attaccano direttamente con maggiore o minore prestezza ed energia il germe moscardinico, lo debilitano e l'estinguono. Io propongo quegli agenti, e quei modi che mi sembrano i piu' opportuni nelle diverse circostanze, lasciando poi all'arbitrio dei rispettivi coltivatori, ricevute che abbiano le necessarie istruzioni teoriche e pratiche, la scelta di quei mezzi che credono migliori nella propria situazione.
    Io ho voluto prescrivere le pratiche piu' sicure ed anche piu' minute col pensamento di sottrarsi piu' presto, ch'e' possibile, al tirannico dominio del feroce calcino, e di esimersi dal gravissimo tributo che si pago' fin qui annualmente con vero nostro disdoro all'ignoranza. E chi vorra' tutte eseguirle esattamente, si trovera' ben contento recando cosi' maggior vantaggio a se' ed agli altri: ma per far cessare unicamente le grandi stragi che esercita tra i nostri filugelli il detto malore e per impedire che divenendo epidemico ci apporti grandissimi danni, basta solo il dar effetto alle principali, ardere la carta ed il bosco tutto appena finito l'educamento, disinfettare coi detto liscivio caustico di potassa i graticci, le stanze e le robe tutte che si trovarono in maggior contatto e piu' di frequente coi bachi aggressi dal moscardino, purgare la camera calda, e specialmente la semente, se sospetta d'infezione, le cose tutte in ispecie ch' hanno accesso ai filugelli ancor bambini ristretti in piccolo spazio: far bagnare le mani agli inservienti con uno dei riferiti liquori ogni volta che debbono toccare in alcun modo la foglia da darsi ai bachi, o i bachi medesimi, od alcune delle robe che deve porsi in contatto con questi, e cogliere soprattutto diligentemente tutti i morti appena si possano vedere subito dall'istante in cui si scoprono i primi calcinati sino alla fine dell'educamento. E potrebbe bastare ancora allo stesso scopo la lunga esposizione all'azione del sale ed all'aria dei graticci e degli altri principali effetti contaminati, l'eseguire le proposte aperture nella stanza d'educazione, specialmente negli angoli della medesima, e lasciarle lunghissimo tempo spalancate tra l'uno e l'altro educamento, e il non ommettere il pronto, l'esatto ed il continuo ricolto di tutti i morti. E pero' vero che cosi' operando soltanto, il male torna or qua, or la' da quando in quando a ripullulare, e per poco che non si curi, diviene ben presto epidemico. Il calcino non isparira' mai totalmente dalle nostre bigattiere, atteso che la natura, torno a ripetere, e' troppo forte perche' possa l'uomo del tutto distruggere alcuna delle di lei produzioni a lui nocive, ma puo' pero' divenire si' raro, come lo era una volta presso quasi tutti i coltivatori, i quali solevano presagire un'abbondante ricolta di bozzoli allorche' vedevano dei calcinati tra i loro filugelli. Infatti, in tutte le malattie contagiose, essendo d'ordinario i primi a venire attaccati quegl'individui, che sono i piu' opportuni a ricevere il contagio ed a nodrirlo, ed esclusivamente poi, allorche' si trova questo per qualsiasi causa molto infievolito, non potendo in tale stato in altri svilupparsi, cosi' nel calcino, essendo i bachi piu' sani e vigorosi, i piu' idonei a dargli alimento, ne viene di conseguenza che la comparsa di alcuni filugelli colpiti da questo morbo, fra i tanti esistenti in una bigattaja, deve mostrare che sono stati essi ben governati, ed aspettarsi percio' una ricolta copiosa di seta.

Note dell'Autore al Capitolo II
    (1) Chi costuma di fare il bosco col brugo o con fascinetti di vite selvatica, e di cui si vale per molti anni, non volendo per mal intesa economia sagrificare la materia, abbruciandola, potra' disinfettarla economicamente immergendola nell'acqua bollente per qualche minuto primo, cio' che si dovra' eseguire pero' in Febbrajo o Marzo, onde dar tempo ai germi calcinici di indebolirsi, perche' essendo ancor molto giovani ve n'hanno di quelli, che non si spegnono neppur col calore dell'acqua bollente. E perche' vengano i detti germi calcinici dal lato del tempo maggiormente indeboliti, sara' bene di porre la materia boschiva dopo d'essersi levati i bozzoli in sito areato, s'e' possibile, invece di tenerli in luogo chiuso. Ma meglio ancora di collocarla in luogo areato, il maggior interesse vorrebbe che si ponesse nella detta acqua bollente appena liberata dai bozzoli, ed un'altra volta in Febbrajo o Marzo come bo detto. La detta immersione dovra' poi farsi sempre prima di por mano alla semente, quando questa non si disinfetti dappoi, ad oggetto di non esporsi al pericolo di contaminarla, movendo e trattando la detta materia boschiva ammorbata.

(2) Un mezzo economico di disinfettare le stanze ammorbate dal mal del segno e' la grande e continuata ventilazione delle medesime tra l'uno e l'altro educamento dei filugelli, segnatamente negli angoli della camera ch'e' dove l'aria vi rimane meno rinnovata. L'aria, dopo il sole, e' l'agente naturale il piu' valido per la distruzione del germe moscardinico. L'avere le stanze disposte in modo di poter ventilarle ognora, quanto e quando abbisogna, giova non solo a spegnere col tempo il germe calcinale, ma a diminuire ancora d'assai le stragi in tutti i casi della di lui esistenza nella bigattiera: e giova altresi' e molto a mantenere sani i filugelli, specialmente dopo il quarto torpore, ed a porli quindi in istato di dar maggior seta come meglio mostrero' in appresso.
    L'aria indipendentemente dall'azione del sole impiega da circa tre mesi a spegnere il contagio moscardinico, imbrattando di esso la punta di un ago. Ma se si il contagioso polviscolo sul legno, sul muro, od altro, si esige per la totale estinzione del contagio morbifero maggior tempo ancora, trovandosi quivi i semi pestiferi accumulati gli uni sugli altri, assai piu' di quello che si trovino sulla punta della spilla. Si conoscono i diversi gradi di potenza esercitati dall'aria sui germi calcinali nelle loro diverse situazioni, collocando qua e degli aghi piantati su dei pezzi di cera colla punta rivolta al cielo, non che dei pezzi di legno, di carta, di mattone ecc. tocchi in un punto che si segna, colla polvere calcinaria e appesi qua e la' in diversi luoghi di una stanza chiusa vicino all'uscio, alle finestre, alla canna del cammino, negli angoli della stessa stanza e fuori della medesima all'aria libera in diversi luoghi aperti, sotto portici o in altri luoghi al coperto pero' sempre dalla pioggia e specialmente dal sole. Allorche' questo contagio si trova sommamente indebolito, ma non ancora estinto, introdotto nel filugello sano, da' d'ordinario il morto negrone invece del calcinato, ossia la mummia spuria invece della legittima, cioe' della mummia calcinaria, come si vedra' al Capitolo IV di questa Seconda Parte.

(3) Dai signori Perelli e Paradisi Droghieri in Milano nella Contrada della Palla, altre volte negozio Carones, si puo' avere tutta la quantita' di potassa che si desidera a prezzo moderato e della migliore qualita'.

(4) La parte piu' ammorbata della stanza d'educazione in cui domino' il calcino e' il pavimento, e perche' i germi moscardinici che si staccano dai cadaveri calcinati e dai diversi corpi infetti elevandosi nell'aria ambiente, cadono per la loro maggiore gravita' specifica, col tranquillarsi della stessa aria, sul suolo, e perche' si costuma in generale di recare poco a poco tutto il bosco sul pavimento della camera per quivi raccoglierne i bozzoli.

(5) L'aeramento della stanza d'educazione debilita i germi calcinici in essi dimoranti, li dirada recandone al di fuori una porzione e indebolisce pure e disturba quegli esistenti tuttavia sul corpo del filugello, che smossi per la loro leggerezza dal punto che occupavano e indeboliti, difficilmente ponno insinuarsi nel medesimo. Serve inoltre tale areamento ad impedire che si accumuli di troppo nella bigattiera tanto l'umido che qualunque altra nociva emanazione, conservando cosi' sani e vigorosi i bigatti, i quali offrono pertanto seta piu' abbondante e migliore.
    Temono molti coltivalori siffatta ventilazione persuasi di promuovere o per lo meno di propagare il mal del segno maggiormente, consci di quanto scrisse il benemerito Parroco di Vigano' De Capitani, il quale credette che una colonna d'aria che dall'esterno entri con forza nell'interno della bigattaja produca il detto malore; e istruiti altronde dal fatto il quale mostra loro sovente i primi calcinati la' dove i bachi si trovano immediatamente colpiti da una corrente aria, che da qualche apertura s'introduca vibrata nella stanza d'educazione. Vero e' il fenomeno, ma procede esso da una causa ben di versa da quella che gli si attribuisce.
    Ove non esistono germi calcinali, qualunque colonna d'aria la piu' forte che dall'esterno entri nell'interno della bigattaja non potra' mai produrre il mal del segno, si soffiasse ben anche con un grosso mantice sopra i filugelli. Ma dove v' hanno germi morbiferi ed hanno gia' invasi i bachi, quivi l'aria ch'entra veemente nella stanza d'educamento, scemando il principio acqueo nel filugello coll'accrescere la sua traspirazione, li fa perire prima degli altri egualmente infetti, per il che si crede che sieno stati calcinati in causa del detto forte areamento, quando in vece non fece questo che sollecitare il loro fine gia' predestinato dal germe calcinico invasore.

(6) L'areometro di cui mi sono io servito e mi servo tuttora e' della Fabbrica del celebre sig. Professore Canonico Bellani di Milano.

(7) Per poter agire in pratica colla minore spesa possibile e con certezza d'effetto, senza tema d'errare, fa duopo essere guidati almeno per la prima volta, da persona esperta, tanto nel prevenire che nel curare la malattia, specialmente per non correr pericolo di nuocere nell'uso dei rimcdj a' filugelli. I maggiori proprietarj di questi preziosi animaletti potranno pertanto, procurarsi per una volta la presenza dell'Autore, od in sua mancanza di chi verra' da esso sostituito, onde bene istrutti siano quindi capaci di ben operare da soli e di diriggere pure gli altri a maggior vantaggio i se' e di tutti i coltivatori in generale. Esso si rechera' di buon grado ovunque sara' richiesto contro la rifusione delle spese forzose in ragione di lire una per ogni miglio di distanza da Lodi al luogo in cui dovra' recarsi, e di altrettanto pel ritorno, tutto compreso, viaggio, vitto e alloggio, e per quella gratificazione che piacera' al Petente di accordargli, secondo il maggior o minor vantaggio che avra' riportato dalla di lui opera, o che si sara' antecedentemente con esso convenuta. Un sol giorno di dimora in luogo, e' sufficiente per ricevere dal medesimo tutte le necessarie pratiche istruzioni.

(8) Il detto cloruro di soda, e' ancora il miglior rimedio di tutti. Adoperato ben anche nella quarta eta', il bagno della foglia di un pasto dei filugelli provenienti da un'oncia d'uova puo' farsi a un dipresso con una lira di spesa, ed usato ben'anche puro, opera meglio contro il calcino e non nuoce al filugello.
    E tale liquore e' pure il migliore per bagnarsi le mani ogni volta che occorre, e perche' eccellente disinfettante, e perche' non offende la pelle, e perche' non nuoce ai bachi, anzi giova loro, tanto ponendosi in contatto col loro corpo, che colla foglia di cui devono nutrirsi, e perche' infine la sua azione e' piu' duratura degli altri farmachi surriferiti.

(9) Il ricoglimento dei morti al bosco, principalmente avanti che s'imbianchino o fioriscano, non serve soltanto a diminuire i germi moscardinici distruttori dei bachi nascituri, ma giova pure al bene dei presenti, perche' quantunque i filugelli ascendano a bosco sani, venendo quivi tocchi ed invasi dai semi morbiferi, possono bensi' ancora emettere tutta la loro seta, ma questa riesce sempre di minor profitto al coltivatore e spesso ancora al filatore o trattore, atteso che se prima della vendita dei bozzoli, il chiuso baco si calcina e mantiensi staccato dal tessuto, pregiudica grandemente il coltivatore, rendendo il bozzolo leggerissimo e se vi aderisce reca danno all'educatore ed al filatore in pari tempo guastando la seta e rendendo il bozzolo meno grave dell'ordinario.
    Il da me raccomandato maggior possibile ventilamento della stanza nell'eta' quinta sino al termine dell'educazione, e meglio l'esposizione dei bachi all'aria libera, oltre a produrre i vantaggi che accenno in questo mio trattato, a rallentare d'assai i progressi del segno, ove esiste, offre pur quello di rendere ben raro il caso che il filugello morto di calcino nel bozzolo, s'attacchi al serico tessuto.

(10) Dovendosi distruggere dei germi per la maggior parte piu' virulenti, come sono quelli di recente prodotti, e colla sola azione dei detti vapori nitrozolforosi, fa duopo ricorrere a dosi generosissime onde poter conseguire la loro estinzione. Percio' non si dovranno impiegare meno di tre libbre di zolfo, oltre il rispettivo nitro, per ogni cento braccia cube, ove specialmente il rio malore esercita grandi stragi e ne minaccia ancora delle maggiori colla presenza di circostanze che lo favoriscono di molto.

(11) Eccetto il caso in cui il calcino rapisce gran copia di filugelli dopo la prima e la seconda muta, e talora anche avanti della prima per causa della semente infetta o della piccola stanza, in cui la si fa nascere o dei diversi effetti che si mettono in contatto coi piccoli bachi appena nati, fuori di questo caso il rio morbo esercita le maggiori stragi tra i preziosi animaletti nella loro quinta eta' per la maggiore energia specialmente che prende allora il contagio, si per l'alta temperatura della stagione, che per la grande idoneita' che acquista a quell'epoca il filugello a ricevere, nodrire e riprodurre in se' il suo nemico, e perche' si attirano pure a quell'epoca molti di quei germi calcinici che non poterono attirarsi dapprima.
    Altre due circostanze concorrono dopo il quarto torpore ad accrescere le stragi del calcino, oltre le gia' accennate, nella parte Teorica; la maggior durata cioe' del filugello in istato di larva nell'eta' quinta, e la mancanza del cambiamento della sua pelle prima di chiudersi nel bozzolo. La prima offre maggior tempo al germe moscardinico, d'assalire, d'iovadere, ed infermare il filugello e quindi di riprodursi; e la seconda toglie al baco uno dei mezzi naturali di liberarsi dal nemico aggressore che non di rado, gli offre l'accidente. Il bigatto assalito dal nemico crittogamo, col deporre che fa della vecchia cute nella muta, depone pure il rio parassito, allorcha' non giunse questo per anche ad oltrepassarla in traccia del suo nutrimento. Si rileva una tale verita', toccando con un ago contaminato di calcino o meglio inoculando molti filugelli delle prime eta' ed altri della quinta, posti nel rimanente in perfetta uguaglianza di circostanze. Mentre si mantengono vivi non pochi dei primi muojono tutti o pressocche' tutti i secondi.

(11) E' d'avvertirsi che a 40 gradi Reaumuriani non si spegnono che i semi della fatal mucedinea o germi calcinici nuotanti nell'aria, o pressocche'isolati o almeno non molto accumulati gli uni sugli altri sui diversi corpi, per esempio sul muro e sulla punta di suo ago, e soltanto quelli dell'anno antecedente o dell'eta' almeno di parecchi mesi, e questi sui corpi dei filugelli si estinguono ben anche a 38 in 39 gradi e in meno di un minuto primo. Ma se trovansi di molto accumulati gli uni sugli altri, per ispegnere i piu' sottoposti, richie—desi un calore ed un tempo maggiore, e maggior tempo e maggior calore ancora per estinguere i germi recenti, anzi nell'interno dell'animaletto, massime se appena morti, hanno una vita si' tenace che resistono quivi principalmente nel centro alla temperatura dell'acqua bollente e persino per alcuni minuti primi, come mi mostrarono le mie sperienze.

(12) Le evaporazioni o emanazioni delle dette sostanze, e di altre ancora, indeboliscono e quindi spegnono pure il germe calcinico. In generale agiscono pero' assai lentamente e non sono punto economiche, richiedendosi dosi assai generose in ragione del loro valore perche' sieno operative e ai debbono adoperare a porte chiuse, dacche' aprendosi la camera per gli usi domestici, operano ben poco o nulla, ed in tal caso offendono piu' l'uomo che il germe calcinico. Poste queste sostanze nella stanza durante l'educaziooe dei filugelli a porte aperte ossia ad aria passante non servono a nulla, benche' introdotte in grandi dosi, perche' non possono spegnere il germe moscardinico in poco tempo: ed usate a locale chiuso, uccidono prima il baco che il nemico crittogamo, segnatamente la canfora ed il tabacco, o gli nuocono grandemente come nuocono pure allo stesso uomo. Anche le emanazioni le piu' forti e le piu' abbondanti del cloruro di calce non producono effetto diverso. Colle emanazioni in discorso si puo' giugnere ad estinguere col tempo a locale chiuso il principio generatore del segno, ed anche in istanze non sempre ed affatto chiuse, adoperando una quantita' assai grande di materia, massime parlando delle sostanze piu' potenti, com'e' il jodio, la canfora e l'alcool e piu' l'alcool cantorato e piu' ancora usando delle evaporazioni ammoniacali; ma si esige l'opera di alcuni mesi, rinnovando ben anche da quando in quando la materia.
    Si conosce la loro potenza imbrattando di polvere calcinica un vetro, un metallo, un pezzo di carta, di legno o d'altro, e meglio la punta di un ago e collocandolo sotto una campana di cristallo oppure in una cassa, in un armadio o in un piccolo stanzino assieme ora all'una ed ora all'altra di tali sostanze in confronto di altri aghi o corpi polverizzati posti nelle stesse circostanze, ma senza alcuna di dette materie o sostanze.
    Osservai costantemente nel numero infinito delle estinzioni del contagio calcinale da me operato in tanti modi sulle punte degli spilli, che i piu' piccioli divennero sempre inetti a comunicare il segno prima dei piu' grossi a parita' di circostanze nel resto, siccome quelli, la cui punta essendo piu' sotti'le deve attingere e conservare minor quantita' di materia morbifera.


 
CAPITOLO III
Con quali mezzi si puo' impedire che il Mal del Segno, che infieri' tra i Filugelli di una bigattaja, non abbia a dominare ancora fra quelle dell'anno seguente e nei successivi.

    Per dare il bando al calcino e tenerlo lontano dai proprj filugelli sebbene siano stati flagellati quelli dell'anno innanzi, fa di mestieri eseguire tutti gli spurghi e tutte le pratiche da me prescritte nel Capitolo antecedente, disinfettare le uova, se sospette di contaminazione, vegliare perche' non si introducano nella bigattiera graticci, carta, od altre robe ammorbate, impedire ogni sorta di comunicazione colle bigattaje infette di moscardino nel Comune, se ve ne sono, ed ove si trovino queste vicine, far purgare a maggior cautela le mani ai propri operaj, come ho insegnato, ogni volta che devono toccare i filugelli, la foglia, od altre robe a questi appartenenti.
    Inoltre devesi adottare un sistema tale di governo dei filugelli, che nel caso d'importazione del mal del segno tra essi, sia questo il piu' atto a indebolire i germi morbiferi, a disperderli, a diradarli, piu' che e' possibile, nella bigattiera, a difficoltarne il loro accesso ai bachi, a renderne piu' difficili le invasioni nei medesimi, ed a rendere gli stessi bachi meno opportuni a nodrirli ed a riprodurli, allorche' sonosi i detti germi morbiferi in essi introdotti. Onde raggiugnere un tale scopo, fa d'uopo attenersi alle seguenti prescrizioni.
    1^ Si munisca la bigattaja delle piu' grandi e piu' numerose aperture possibili, non ommettendo in ispecie i proposti sfogatoj negli angoli delle stanze d'educazione.
    2^ Si anticipi piu' ch'e' possibile la nascita dei filugelli e si acceleri l'incremento e la loro ascesa al bosco con tutti i mezzi conosciuti, affine di tenersi lontani dai grandi calori della state, e dalla soverchia maturita' della foglia; circostanze amendue che favoriscono eminentemente lo sviluppo del mal del segno, quando esistono i semi nella bigattiera, e la di lui propagazione, massimamente ove non molto ventilata sia la stanza d'educazione e caldo e secco e poco umido si trovi l'aere ambiente (1).
    3^ Non si deve mai caricare di troppo la camera di tavole e debbesi sempre tenerle una discosta dall'altra dieci once almeno del braccio milanese, e rari i filugelli sulle stesse tavole.
    4^ Ingrossati che si saranno i bachi, ossia passata che avranno la terza dormizione, non si fara' piu' uso del fuoco, quando la temperatura della stanza non sara' minore di 16 gradi, e si dara' aria alla bigattaja, tenendo socchiuse le aperture or piu' or meno secondo il maggiore o minor calore atmosferico (2).
    5^ Seguita la quarta muta si manterra' fresca e ventilata piu' che si puo' la bigattiera, difendendola dai raggi solari, si' diretti che riverberati, massime dalla parte di mezzo giorno, e tenendo sempre spalancate di' e notte, come ho detto, tutte le aperture colle restrizioni che indichero' piu' oltre nel presente Capitolo, ove esporro' il miglior metodo di governare i filugelli (3).
    6^ Si deve dare sempre foglia recente appena colta ai bigatti, ma specialmente nell'eta' quinta, e cinque o sei volte al giorno in questo tempo, onde perda del suo umore meno ch'e' possibile avanti che sia mangiata e si conservi cosi' sempre nel filugello una proporzione maggiore di sostanza acquea contro il moscardino (4).
    7^ Qualora il paese fosse asciutto ossia non irriguo e la stagione corresse calda assai e secca e la foglia fosse molto consistente e molto matura, nelle quali circostanze il baco si trova sommamente idoneo a ricevere in se' ed a rigenerare il fatal germe del vegetabile parassito, ove esista, in questo caso si spargera' di frequente dell' acqua sul pavimento della stanza d'educazione massime nelle ore piu' calde del giorno, affine di abbassare alquanto la temperatura, d'inumidire l'aria ambiente e di accrescere il principio acqueo nel filugello. L'umidita' non puo' mai nuocere alla salute dei bachi, ne' divenire eccessiva, ove l'aria possa circolare liberamente come al di fuori.
    Finalmente si avra' cura di tener povero il bosco e costrutto in modo che l'aria vi penetri e passi da ogni parte sempre allo stesso fine di conseguire la maggior possibile ventilazione della stanza d'educamento (5).
    Qualora poi per importazione di nuovi germi o per qualche residuo dei gia' esistenti sfuggiti in alcun modo alle praticate distruzioni, si avessero a vedere ancora dei bachi calcinati, si fara' uso subito della detta foglia, medicata col cloruro di soda o col detto liscivio di potassa almeno per un pasto in ogni eta', continuandosi a vedere qualche baco morto di moscardino, e non si tralasciera' mai in tutti i casi d'apparizione del terribile malore di cogliere prontamente, come dissi, e colla maggiore diligenza, tutti i morti, appena si possono vedere. La pratica di cogliere tutti i filugelli morti appena veduti, segnatamente i rossi e piu' sollecitamente ancora quelli, che per essere sfuggiti all'occhio indagatore, si fossero gia' imbiancati, non e' mai da ommettersi in nessun tempo anche quando piu' infierisce il morbo sotto forma epidemica la piu' estesa e la piu' micidiale siccome una delle piu' interessanti, si' pel bene proprio che per quello degli altri coltivatori e dello Stato in generale, perciocche' puo' sempre diminuire in tutti i casi immensamente, se non togliere del tutto i germi uccisori degli utili insetti, spegnendoli nella stessa loro sorgente ed impedendone il loro spargimento all' intorno; e perche' si tratta ancora di togliere ai bigatti in attualita' d'educazione i semi moscardinici piu' nocivi, cioe' quelli che piu' facilmente s'insinuano nei filugelli siccome i piu' giovani e che piu' difficilmente si spegnono siccome piu' virulenti. E da questa pratica che dobbiamo aspettarci principalmente il bando del calcino od un scemamento tale almeno in generale del danno che suole arrecarci da non averlo piu' a temere per l'innanzi. Il pieno e costante coglimento di tutti i bachi morti o almeno di quelli spenti dal segno, quantunque operi piu' lentamente del metodo disinfettante, non che del sistema di sospensione dell'annuale educamento di cui prendo or ora a parlare, puo' ben anche da solo col tempo liberarci dal terribile malore. E' certo che se i coltivatori in generale vorranno porlo ad effetto, il moscardino non fara' piu' stragi dei preziosi animaletti e nessuno piu' si lagnera' di perdite fatte in causa del medesimo, poiche' spegnendosi i germi calcinali mano mano che si riproducono, ed i nati negli anni antecedenti venendo dal lasso del tempo estinti, come ho riferito, non vi rimarranno piu' che i pochi che puo' sottrarre alle nostre indagini l'industre natura per non lasciar finire la specie, come fa con quelli di molti altri esseri a cui noi moviamo di continuo guerra.
    Che se malgrado tutte le cure e le pratiche da me raccomandate, non fosse possibile di liberarci dal grave danno che ci apporta il calcino, principalmente per le tante bigattaje riunite nel medesimo Comune ed attaccate dallo stesso morbo e non tutte state purificate o purificate malamente; oppure non si volesse ardere il bosco, ne' la vecchia carta, ne' disinfettare le stanze i cannicci e gli altri effetti ammorbati, ne' curare tampoco i filugelli, allorche' sono malati, non volendo insomma fare ne' tanto, ne' poco di tutto cio' che venne da me prescritto e raccomandato, v'ha un mezzo ancora per liberarsi dal micidial moscardino, nulla facendo pure di tutto quanto fu a tal fine da me prescritto. Non si educhino i filugelli per due anni di seguito nella bigattiera in cui domino' il malore, e lasciando inoperosi per lo stesso spazio di tempo tutti i rispettivi utensili, da usarsi dappoi, oppure volendo di essi servirsene altrove, vi si sostituiranno quindi altri nuovi o incontaminati o stati esattamente purificati. Nei paesi irrigui o altrimenti molto umidi puo' bastare, se non sempre il piu' delle volte almeno la sospensione di un sol anno per la ragione che di rado in questi luoghi i germi calcinali possono ancora attivarsi al di la' del biennio, perche' o gia' estinti o indeboliti a segno di non poter piu' schiudersi in individui specialmente poco idonei a dar loro alimento, come sono i filugelli che si coltivano nei paesi irrigatorj o altrimenti assai umidi. A maggior sicurezza non volendosi quivi interrompere l'educazione che per un sol anno, si possono imbiancare col detto liscivio caustico di potassa almeno gli angoli della stanza ch'e' dove si mantiene piu' lungamente vivo il seme micidiale, quando non vi sovrasti pero' il proposto sfogatojo o altra apertura: come si puo' allo stesso fine esporre i graticci ed altri effetti ammorbati all'azione dell'aria e del sole che nulla costa, giacche' in due anni v'ha tutto il tempo che si vuole per cio' eseguire. Durante questo intervallo non si permettera' mai che persona alcuna od altra cosa infetta di seme moscardinico, s'introduca nei detti locali o si metta in contatto con alcune delle robe che devono servire nelle future educazioni; e si vegliera' sempre, perche' da niuna bigattiera propinqua attaccata dal morbo non si rechi in alcun modo nelle stanze proprie o sopra i proprj mobili il contagio moscardinico. Nel caso di vicina infezione, assai piu' della maggiore vigilanza onde tenersi esenti dal rio malore, giovera' l'indurre il vicino a far uso tosto apparso il moscardino dei migliori mezzi disinfettativi e del non mai interrotto ricolto dei morti per allontanare il male da se' e dagli altri. E' interesse di tutti i coltivatori dei filugelli non solo, ma ben anche di tutto lo Stato in generale, di minorare per quanto si puo' il grave danno che apporta nell'educazione degli utili insetti il calcino, minorandone i germi che lo producono: e percio' dovrebbero tutti i coltivatori di un Comune o Circondario unirsi onde eseguire d'accordo la sospensione d'educamento in discorso, oppure per sostenere in societa', giusta il maggior o minor interesse di cadauno le spese occorrenti al perfetto disinfettamento delle robe e dei locali tutti, da intraprendersi ogni volta che abbisogna e prontamente ed esattamente ad oggetto di poter giugnere, se non a bandire del tutto il moscardino dalle nostre bigattaje a renderne almeno poco o niente sensibili i di lui attacchi; al qual fine potrebbe ancora la pubblica Amministrazione ingiungere l'obbligo a ciascuno educatore dei filugelli di purificare sollecitamente ed esattamente le case, le robe, e le persone infette a carico suo proprio, od in concorso con altri coltivatori propinqui, incaricando l'Autorita' del luogo della maggior vigilanza pel pieno adempimento di si' utile prescrizione. Non e' che in questo modo che si puo' giugnere con sicurezza e prestamente a vincere un nemico si' potente e si' nocivo e che tanto estese incombattuto tra noi il suo dominio. Piu' presto si disinfetteranno le proprie bigattaje e tutte le rispettive robe contaminate e piu' esattamente, o si distruggeranno altrimenti i germi contagiosi; minore dispendio si avra' a sostenere per l'avvenire, maggiore sara' il ricolto della seta e piu' presto si arrivera' a dare il bando generale al calcino ed a liberarsi finalmente dal tirannico suo potere.
    Ecco scoperta la fonte del mal del segno, l'indole sua contagiosa, la natura del principio che lo produce e le leggi da cui questo e' governato: ed ecco mostrati i diversi mezzi coi quali si puo' tener lontano l'ente generatore del dannosissimo morbo, impedirne la sua moltiplicazione e la sua diffusione all'intorno e spegnerlo prima che divenga operativo, o minorarne almeno d'assai il grave danno che da esso deriva. Qualunque sia per essere il desiderato compenso ed il tardissiino frutto di tante fatiche e spese da me sostenute, saro' sempre contento, d'aver potuto giovare a' miei simili, d'aver cosi' secondati i voti del mio cuore, e d' avere come uomo e come cittadino soddisfatto al mio dovere.
    Spetta ora ai coltivatori degli utili animaletti il seguire con coraggio e perseveranza le pratiche da me suggerite e raccomandate, ed alla Pubblica Amministrazione il prescrivere, ove occorra, un Regolamento capace d'assicurare il maggior bene generale in un oggetto tanto interessante.
    Quando tutti i coltivatori dei filugelli persuasi dalla propria esperienza dell'utilita' delle pratiche da me suggerite contro il calcino, vi daranno tutti esecuzione, questo terribil morbo, se non isparira' intieramente dalle loro bigattaje, cessera' almeno di fare stragi dei preziosi insetti. Ma quest'epoca fortunata, non puo' arrivare che assai tardi, e se non dopo una lunga serie d'anni, ove vi si debba giugnere per questa via. Le nozioni anche le piu' utili si spargono lentamente fra la moltitudine, e v'hanno sempre non pochi che odiando tutto cio' ch'e' nuovo, ricusano ben anche d'istruirsi, e non seguono l'esempio degli altri che allorquando l'utile istruzione e' divenuta generale e cesso' d' essere nuova, essendo gia' trascorsi molti anni si' dal tempo in cui fu proposta, che da quello del suo attivamento. Percio' verificata che si fosse a non piu' dubitarne l'opportunita' del mio ritrovato a fuqare il mal del segno, il ben pubblico vorrebbe pure che la Suprema Magistratura ordinasse ai cultori dei bachi da seta l'eseguimento del sistema preventivo e curativo da me registrato in questa mia scrittura con quelle aggiunte, mutazioni o discipline che si crederebbe le migliori all' intento.
    Prima di passare a parlare nel seguente ed ultimo Capitolo delle due malattie dette una il Negrone, e l'altra il Giallume pur esse contagiose, credo bene di premettere un'Appendice di poche linee, la quale tornera' non poco utile al coltivatore, rispetto alle operazioni che deve intraprendere al momento colla maggiore possibile sollecitudine, onde trovarsi ancora in tempo di preve nire con sicurezza lo sviluppo del calcino nell'imminente educazione dei bachi da seta.

APPENDICE.
    Per far conoscere ai coltivatori i diversi modi di combattere il calcino e di difendersi dai di lui assalti nelle tante e diverse circostanze e non soltanto per ora, ma benanche per l'avvenire, ho dovuto scrivere molto e cominciare a far agire il coltivatore subito dopo finita l'educazione dei filugelli stati colpiti dai mal del segno: ma quelli i quali furono danneggiati l'anno scorso dal moscardino, e che a ragione temono di esserlo ancor piu' nel vicino educamento, non hanno a far molto per prevenire il rio morbo, non che per curarlo allorche' si e' sgraziatamente manifestato. V'ha piu' bisogno ora di operare prestamente e coi piu' validi agenti che di far molto.
    Si arde il bosco e la carta, vestendosi e quindi purificandosi gli operatori, come si disse; si disinfettano i graticci, le stanze e le altre robe contaminate col detto liscivio caustico di potassa; si disammorbano coll'acqua bollente i diversi tessuti infetti: si purifica la semente infetta il tutto nel modo indicato, e ben anche sino alla vigilia di metterla a covo, quando non siasi potuto purificarla prima: e nati i bachi, qualora se ne mostrino ancora dei calcinati, si curano col detto cloruro di soda o col riferito liquore medicamentoso di potassa; si purificano collo stesso cloruro o altrimenti le mani avanti di toccare i filugelli, la foglia o alcuna delle cose ad essi inerenti e si colgono tutti i morti che si possono vedere.
    Nel caso che il rio morbo appaja nella bigattiera di chi, maltrattato dal calcino l'anno antecedente, non opero' per prevenirlo nell'andante educazione, si procedera', come dissi parlando di quelli ch'ebbero pure il calcino l'anno innanzi , ma che nulla vollero fare o poterono fare onde impedirne lo sviluppo l'anno successivo.

Note dell'Autore al Capitolo III
(1) La stagione calda e secca, ove si combini colla stanza d'educazione pur calda e asciutta e ancora poco ventilata, contribuisce assaissimo ad accrescere le stragi del calcino allorche' si e' questo manifestato nella bigattiera, perciocche' il gran calore e la secchezza dell'atmosfera rendono sempreppiu' povera d'umore e piu' dura la foglia e aumentano la traspirazione o evaporazione del filugello, si' che scemando pertanto in esso la proporzione acquea, diviene piu' atto a nodrire od a rigenerare i germi moscardinici: lo stesso gran calore e la stessa secchezza rendono piu' leggeri i germi medesimi e facilmente sollevabili nell'atmosfera, e la poca ventilazione della camera d'educamento mantiene di questi molto piu' pregna l'aria ambiente.

(2) Nelle prime tre eta' i filugelli essendo ancor piccoli e non occupando molto spazio in ragione della capacita' della stanza d'educazione il vapor acqueo, ch'esce dal loro corpo per traspirazione, non puo' mai essere in quantita' si' grande da rendere eccessivamente umida l'aria ambiente: ed i giornalieri consueti aprimenti del locale ch'esigono i diversi bisogni inerenti al governo degli stessi bachi e ad altri usi, rinnovano quanto basta l'aere interno della bigattaja; ma nell'eta' quarta trovandosi i filugelli gia' assai ingrossati, maggiore essendo il loro volume, maggiore e' la loro traspirazione, maggiore lo spazio che occupano nella camera d'educamento, e maggiore dev'essere pertanto la ventilazione da darsi alla medesima. Laonde fa di mestieri tener socchiuse le finestre e gli usci nelle ore piu' calde del giorno, e costantemente di' e notte aperti alcuni sfogatoj, uno o due in mezzo della camera, e quegli degli angoli in ispecie ed anche tutti, se abbisogna, onde non abbiano i bigatti a soffrire per effetto di soverchia chiusura della bigattiera.

(3) Chi e' costretto a dormire nei paesi irrigui in queste camere aperte, non tema di soffrire nella salute per effetto dell'aria notturna, la quale e' qui meno nociva al di fuori che serrata nelle stanze: l'esperienza c'insegna ch quelli che dormono sui fenili all'aria aperta in questi luoghi, soffrono meno l'umidita' eccessiva, di coloro che passano la notte nei locali chiusi.

(4) Nei paesi asciutti ed elevati, dove l'atmosfera e' secca e la foglia piu' consistente e dura, circostanze che favoriscono assai lo sviluppo e la propagazione del calcino, una volta che siasi questo introdotto nella bigattiera, puo' tornar utile piu' che altrove la coltivazione del moro delle Filippine, il quale essendo piu' succoso delle altre specie e varieta' di gelsi, accresce la proporzione acquea nel filugello e lo rende cosi' meno atto a dar pascolo al contagio moscardinico, ossia al crittogamo parassito.

(5) Quantunque lo scopo principale, se non l'unico, di questo mio scritto debba essere quello d'indicare ai coltivatori il modo di liberarsi dal calcino, non sara' disdoro, io credo, al lettore che segni ancora poche linee, onde mostrare in succinto come si debbano educare i filugelli per raggiugnere, s'e' possibile, non solo il buono, ma il miglior metodo pure di governare questi preziosi insetti, quello cioe' che mentre contribuisce piu' d'ogni altro a minorare il danno che reca il mal del segno nel caso d'importazione nella bigattaja de' suoi germi pestiferi, conserva ancora la miglior salute ed il maggior vigore dei bigatti, offrendo quindi seta migliore ed in maggior copia, nel tempo istesso che fa patire meno il gelso, ne allunga la vita, e ci procura un ricolto di foglia piu' abbondante.
    Si deve dire per la verita', che merce' le cure di alcuni Scrittori zelanti del pubblico bene, l'educazione dei filugelli avanzandosi in poco tempo a passi di gigante e' quasi giunta alla sua perfezione. Ma quantunque il metodo attualmente adottato, parlando in generale, si meriti il nome di buon governo, ha bisogno ancora di parecchie addizioni, percbe' possa dirsi il migliore.
    In generale osservo che si ritarda di troppo il nascimento dei bachi; che si tengono troppo fitti appena nati; che si da' loro poco cibo con pasti troppo rari nelle eta' prime; che si fa ad essi patire il digiuno in tempo de' sopimenti; che non si riscaldano abbastanza quando sono piccoli e non si da' poi loro aria sufficiente allorche' sono grossi principalmente dopo la quarta muta; per le quali mancanze molti muojono nelle prime eta' e molti altri che non periscono, divengono si' tristi e si mantengono si' piccoli che rendonsi inetti ad emettere il prezioso filo, o non tessono che un bozzolo assai leggero. E' pero' vero che tra i tanti coltivatori degli utili animaletti, ve n'ha pur di quelli che li sanno educare assai bene, dei quali abbonda is ispecie la Provincia Comasca, istruiti alla scuola del Conte Reina, a cui non si ha da aggiugnere che le lezioni necessarie per difendersi dal calcino, onde possa dirsi completa; ma generalmente parlando sono questi ben pochi, come ebb'io piu' volte a verificare in fatto, percorrendo molte e molte bigattaje, non solo nel nostro Regno, ma di altri Stati ancora in cui si educano pure con molta intelligenza i filugelli. Ecco in breve cio' che a mio giudizio, sarebbe da praticarsi, onde conseguire lo scopo surriferito.
    Avanti tutto s'hanno da procurare delle uova ben costituite, e se sospette d'infezione, si purificano come ho insegnato. Si facciano schiudere col mezzo detta stufa, del cammino, o altrimenti, come si vuole, purche' non si trovino in un ambiente troppo secco o troppo umido, e non si espongano ad un calore troppo forte, od a salti troppo grandi di temperatura. Ma in qualunque modo si usi di far nascere la semente, se ne solleciti sempre il nascimento, piu' ch'e' possibile, di maniera che si trovino i bachi nati subito che si ha foglia di gelso con che nutrirli, sebbene appena formata; e si abbrevii con ogni sorta di cure il corso della loro vita per evitare cosi' e il gran calore di Giugno e la soverchia maturanza della foglia, due circostanze, che tanto contribuiscono massime nei paesi asciutti, allo sviluppo dei calcino ed alla maggior sua diffusione, ove esistano i di lui germi nella bigattiera, non che per togliere i filugelli a tutti gli altri malori che possono provenire dalla stagione infuocata, specialmente nei luoghi umidi e ancor piu' nelle stanze poco ventilate e molto percosse dal sole. Si rinunci all'opinione di quelli che pensano, che se si finisce di cogliere la foglia, prima che sia essa giunta alla maggior sua maturanza, molto si perde nella quantita' della medesima e quindi in seta; o che cibandosi i filugelli appena nati con foglia non per anco bene sviluppata, si nuoca se non alla loro salute, alla futura loro robustezza almanco. Piu' la foglia e' giovine e tenera, piu' si mangia avidamente dai piccoli bigatti, e piu' crescono questi sani e vigorosi; e piu' presto si sbruca il gelso, meno soffre la pianta, e da maggior quantita' di foglia l'anno che viene e s'ottiene ancora maggior copia di seta pel minor numero di bachi che muojono a stagione meno inoltrata, e seta ancora migliore, mostrandoci l'esperienza che la foglia meno dura, generalmente parlando, produce un filo piu' morbido e piu' sottile. Ne' si deve lasciare di troppo progredire lo sviluppo della foglia avanti di cibarne i bachi, nel pensiero di evitare cosi' il pericolo delle tarde brine di primavera, le quali oltre ad essere assai rare sul finire di Aprile, ed ai primi di Maggio, si puo' da essa difendersi in parte, come fec'io osservare in una mia memoria intorno al prato gelsivo, inserita in due volte dall'anno 1830 in avanti negli Annali Universali di Agricoltura che si stampano in Milano dal Lampato, nella quale s'insegna come si possono difendere i teneri germogli dalle gelate di primavera, coprendo in uno dei modi da me riferito il proposto mio prato gelsivo.
    Si cibino i bachi mano mano che nascono, onde non abbiano menomanaente a soffrire, levandoli al solito con foglia o ramoscelli di gelso. Si gettino gli ultimi, cioe' quelli che escono dall'uovo troppo tardi, i quali sono d'ordinario si' deboli che difficilmente riescono bene, anche prodigalizzando loro le maggiori cure: appena nati si tengano rari tre volte piu' ancora di quello che si pratica comunemente. I filugelli provenienti per esempio da un'oncia di semente devono occupare appena nati circa la terza parte di un graticcio ordinario di otto in nove braccia di lunghezza. Si pongono nel mezzo del medesimo formando una linea da quattro in cinque once, che arrivi quasi a toccare le due estremita' del canniccio, allargandola quindi lentissimamente da pasto in pasto sino a coprire l'intero graticcio al compimento dell'eta' prima. Allorche' e' avvenuta la prima dormizione, deve farsi la levata, nell'eseguire la quale si raddoppiano per lo meno le tavole; si fa altrettanto nella seconda e terza muta, e si triplicano, se occorre, nella quarta. Si allevino ad una temperatura di diciannove in venti gradi Reamuriani nella prima eta', di diciotto in diciannove nella seconda e di diciassette in diciotto nella terza e si cessi di far uso del calore artificiale nella quarta, quando il naturale non sia minore di sedici gradi, e si procuri d'areare alquanto la bigattaja per poscia darvi il maggior areamento possibile nella eta' quinta. Si ha da cibare i bachi assai di frequente sin dodici volte in ventiquattro ore nella prima eta', un po' meno nella seconda, otto nella terza e sei nella quarta, e sei pure e non mai meno di cinque nella quinta, fornendo loro sempre foglia fresca per quanto si puo', e appena sbrucata, principalmente la' dove l'aria della bigattaja e' calda e piuttosto secca, e la foglia assai matura e dura, e molto piu' ancora la' dove si vuol dominare facilmente il moscardino. Piu' di rado si somministra la foglia al bigatto, e piu' tardi dopo colta, piu' diviene essa povera del principio suo acqueo, segnatamente nelle dette circostanze, piu' se ne consuma, perche' meno ne mangia il filugello, divenendo vizza, e piu' diviene questo opportuno a pascere ed a riprodurre in se' il germe calcinale. Conosco molte famiglie alcune delle quali nell'alto milanese, danno da mangiare ai loro bigatti nella primi eta' sin quattordici e quindici volte in ventiquattro ore, ed ottengono ordinariamente, cento sessanta e piu' libbre piccole di bozzoli per cadaun'oncia di semente.
    Non si sospenda mai il cibo allorche' i bachi cominciano a dormire, ne' tampoco quando sono quasi tutti sopiti: diasi loro sempre da mangiare o piu' o meno, benche' talora in piccolissima quantita', dal primo manifestarsi del loro torpore, finche' non sono tutti svegliati, da poter quindi essere trasferiti sopra altri cannicci. Non potendosi effettuare la loro dormizione tutta ad un tratto, si' quelli che non sono per anche sopiti, come quelli che sonosi gia' svegliati, cambiata avendo diggia' la loro pelle, abbisognano sempre di cibo, e non ricevcodone per piu' d'un giorno o soltanto per molte ore, soffrono sempre piu' o meno, e indebolendosi si dispongono ad infermarsi piu' facilmente o ad intristire, oppure non danno quella quantita' di seta che avrebbero potuto dare trattati diversamente e con minor consumo di tempo e di foglia conservandoli nel maggior vigore e sollecitando la loro maturanza. Ne' e' da dirsi che non si puo' cosi' mantenere l'eguaglianza di grossezza nei filugelli di una stanza d'educazione. Onde mantenere siffatta pretesa eguaglianza in tutti i bachi di una camera d'educamento, s'incontrano i detti mali e non si hanno che perdite, senza tampoco cotaseguire la tanto esaltata eguaglianza generale. Questa e' da procurarsi tra i bigatti di un medesimo graticcio, cio' che ottiensi facilmente col proposto metodo, togliendosi, ossia trasportandosi mano mano dalle tavole de' sopiti quelli che gia' svegliati prendono cibo, per formare in tal modo una tavola di filugelli tutti pari, e cosi' un'altra dappoi egualmente coi bachi che si vanno via via levando finche' non siano stati tutti traslocati. E' bene anzi che i filugelli di tutti i graticci esistenti in un locale d'educazione non si trovino tutti nell'egual periodo d'andamento verso la loro maturanza per lasciar cosi' maggior agio ai trasporti, alla somministrazione della foglia, all'imboscamento ed alle altre operazioni necessarie nell'oggetto in discorso. Ed ove interessi poi lo spingere innanzi quelli che sono i meno sviluppati, lo si puo' fare facilmente coll'accrescere ove il numero dei pasti, ed ove il calore ed ove amendue questi agenti, a norma delle diverse circostanze.
    Durante l'eta' quinta, si toglie dissotto il letto ai filugelli ogni quarantotto ore, e si ha cura soprattutto di areare piu' che si puo' la stanza d'educazione, tenendo spalancate di continuo giorno e notte tutte le aperture, e non chiudendole che parzialmente e temporariamente per difendere i filugelli ove dai raggi immediati del sole ed ove dal vento impetuoso; e cio' e' da eseguirsi non solo sino alla salita dei filugelli al bosco, ma finche' non segua il ricolto del loro serico tessuto, onde non soffra il baco chiuso nel bozzolo principalmente se il bosco e' troppo fitto e costrutto in modo di non lasciar libero il corso all'aria. Questa pratica che contribuisce non poco a trattenere in istretti limiti il moscardino, ove si sviluppi, in un'eta' dei filugelli nella quale per le addotte ragioni suole d'ordinario esercitare grandissime stragi, giova ancora e molto a fornire maggior copia di bozzoli e bozzoli migliori, massimamente nei luoghi irrigatorj o altrimenti umidi e nelle stagioni piovose ed in ispecie quando si e' costretti a dare ai bachi foglia bagnata. Altronde non si ponno mai avere farfalle piu' vigorose e capaci di produrre le migliori uova, che areando piu' che puossi la bigattiera nell'eta' quinta. Il suddetto spalancamento pero' puo' moderarsi alquanto nei luoghi asciutti e assai ventilati tenendo onninamente aperti tutti gli sfogatoj e socchiuse le grandi aperture. Ma nei paesi irrigui o altrimenti umidi e' indispensabile di tenere spalancate mai sempre di' e notte tutte le aperture. Nell'eta' quinta dei bachi la stagione e' ormai tanto inoltrata ed essi si grossi da non aver da soffrire gravemente per effetto del freddo. Qualora pero' il calore sia minore di quattordici gradi reamuriani, si puo' in tal caso tenuti aperti interamente tutti gli sfogatoj, socchiudere le grandi aperture e far fuoco vivo di fiamma ad oggetto di conservare piu' che e' possibile asciutto ed in continuo movimento l'aere interno della bigattaja ed alzarne alquanto la temperatura.
    E' da notarsi poi che all'aria libera i filugelli, se sono sani, filano ancor bene, ad un calore di soli tredici gradi cio' che non succede a tale temperatura in una stanza poco o niente veutilata indeboliti quivi dalle nocive emanazioni che loro serra d'intorno la chiusura. Non e' da dimenticarsi finalmente mai che l'aria fredda non fa che intorpidire alquanto il baco e protrarre d'alcun poco l'emissione della seta, ma non reca mai grave danno al coltivatore, quando la soverchia chiusura della camera d'educamento rovina le intere coltivazioni.
    Correndo la stagione molto calda cd essendo il paese asciutto, la foglia assai dura, e l'aria interna della bigattiera assai secca ed il coltivatore nella tema che possa sviluppani il calcino, o perche' nel sospetto che siansi introdotti nella di lui stanza d'educazione i germi moscardinici, o perche' il rio morbo esiste gia' nel Comune o poco lungi dal medesimo, in questo caso sara' bene oltre a dare alla bigattiera la maggior possibile ventilazione, di versare ancora sovente dell'acqua sul pavimento per inumidire l'atmosfera, abbassare alquanto la temperatura e rendere meno idoneo il filugello a nodrire ed a riprodurre il crittogamo parassito qualora siasi in esso insinuato.
    Ove la stanza poi sia troppo calda, massimamente se esposta ai raggi del sole di mezzo giorno diretti o riverberati e con poche aperture e' meglio in tal caso collocare i bachi sotto i portici o sotto semplici tettoje, o altrimenti all'aria aperta, piuttosto che esporsi all'evidente pericolo di propagare sommamente il calcino ove esista gia' la malattia, o di suscitar quella del giallume o del negrone. L'areamento anche il piu' grande “non puo' portare mai grave disordine all'economia animale del filugello, lasciato ancora nella quinta eta', per qualche tempo a cielo scoperto, quando invece La chiusura anche solamente di poche ore puo' essere ragione di grandissime perdite specialmente nei siti umidi, ed ovunque poi l'aria ambiente della bigattaja e' molto umida. Credono taluni di ventilare abbastanza la camera ben anche dopo la quarta muta, tenendo semiaperti l'uscio e qualche finestra, non riflettendo che dal poco al nulla v'ha poca differenza. Avviene spesso che molti coltivatori, avendo sempre allevati bene i loro filugelli sino al quarto torpore, soggiaciono poi a perdite grandissime di filugelli nell'eta' quinta per non sapere in questo tempo dar aria sufficiente alle loro stanze d'educamento, principalmente quando le circostanze esigono la somma ventilazione.
    Nel resto si seguiranno tutte le pratiche da me suggerite per prevenire il calcino e per combatterlo allorquando si e' questo introdotto nella propria bigattaja.
    Se dietro l'edizione di questo mio scritto i coltivatori degli utili animaletti si mostreranno contenti in generale delle cose mie, spero poter rendere in seguito di pubblico diritto altri mezzi di liberare i filugelli dal moscardino, non che un nuovo modo di dar loro il maggior vigore e d'ottenere quindi la maggiore quantita' di seta possibile. Le quali scoperte quand'anco volessi pur ora manifestarle, non potrebbero che riuscire immature, non avendo ancora potuto instituire in proposito tanti sperimenti, quanti ne occorrono, onde accertarmi di poter riportarne sempre costantemente nelle eguali circostanze il giudizio favorevole del fatto.

CAPITOLO IV.
Delle due malattie dette una il Negrone e l'altra a Giallume o Giallone: come si distingua il Negrone naturale o comune dal Negrone e Giallone calcinario ch'e' prodotto dalla stessa sostanza o principio che cagiona il Mal del Segno, ed in qual modo si possono esse evitare.

    Parlero' prima del Negrone e del Giallone calcinario, calcinale o calcinico, e quindi del naturale, comune, o spontaneo.
    Tutti i filugelli morti per qualunque siasi cagione, eccetto i calcinati, si ponno dir negroni, dacche' tutti o tosto o tardi si vestono di un colore piu' o meno scuro incamminandosi verso la loro dissoluzione: ma giova distinguere per piu' ragioni il negrone proveniente dal principio che produce il baco calcinato o moscardino, da me detto negrone calcinario o mummia spuria, dagli altri negroni derivanti da tutt'altra fonte, cioe' da tutte le altre cause che uccidono il bigatto. L'indebolimento o l'alterazione del seme del vegetabile parassito fuori o dentro del filugello, o la poca o nessuna attitudine di questo a rigenerarlo, sebbene capace di svolgerlo e di nodrirlo, produce nell'estinto baco il negrone e talora il giallume o giallone, in luogo del moscardino. Giusta i principj della mia Teoria allorche' il crittogamo invasore per difetto proprio o per quello dell'ente invaso, il quale gli offre scarso o poco opportuno alimento, non puo' preparare tanta sostanza acida, quanta ne occorre per ben salificare e consolidare l'ucciso insetto; o diversamente parlando, allorche' il parassita non pote' convertire per qualunque siasi causa in sostanza propria, tanta materia animale dell'individuo contenente, quanta ne abbisogna per preservarlo dalla corruzione, e' forza che il cadavere dell'estinto animaletto assuma il colore della dissoluzione, e piu' o meno presto si decomponga (1). Il negrone calcinale non e' opera che del germe moscardinico, ossia dello stesso principio, che produce in circostanze diverse il mal del, segno, e quindi la vera mummia o mummia legittima. Ha egli dei caratteri proprj che lo distinguono dai negroni comuni. In generale e' piu' consistente dei comuni, quasi sempre inodoroso o almeno molto meno fetido degli altri; si decompone con lentezza e non mai o ben di rado si scioglie in un liquame; ordinariamente si decompone poco a poco sotto forma di una materia scuro saponacea; ed alcune volte si consuma ancor piu' lentamente in molto maggior tempo nella via polverulenta. Il negrone calcinario non e' tale che in origine, cioe' quando e' prodotto immediatamente dal germe moscardinico come ho riferito. Esso non puo' piu' riprodursi, non puo' piu' dare ne' la mummia legittima, ne' la mummia spuria, cioe' ne' il baco calcinato, ne' il negrone calcinico, atteso che il crittogamo parassito degenerato per difetto proprio o per quello dell'individuo invaso, non si riproduce, e quand'anche si riproducesse, i di lui semi o germi si decomporrebbero quindi col decomporsi del cadavere in cui furono prodotti. Tutte le mie sperienze mi mostrarono sempre inetto il negrone calcinico a produrre si' la mummia vera che la spuria. Egli non da' quindi che il negrone, al pari di tutti gli altri bachi morti e imputriditi, come meglio si vedra' in appresso.
    Il germe moscardinico indebolito o alterato, come dissi, invece del negrone produce talora il giallume o giallone, e v'ha percio' anche il giallone o giallume calcinale, che d'ordinario e' di un giallo piu' fosco del comune. Il giallone calcinico e' prodotto da circostanze che non saprei ben determinare. Io l'ebbi a vedere tante volte, esponendo i filugelli da me infermati di calcino alle forti emanazioni della canfora e del cloruro di calce, ed in altri filugelli eguali, lasciati di' e notte all'aria aperta. Ne' e' da credersi che l'eccedente umidita' atmosferica, specialmente nella notte, potesse produrrre il giallume, poiche' altri bachi non affetti di moscardino, che unii ai suddetti perche' servissero di confronto, non divennero gialloni, ne' s'ammalarono tampoco. Oltre i riferiti negroni e gialloni prodotti dalla degenerazione del germe calcinale, v'hanno i negroni e i gialloni che nascono spontanei nel filugello detti da me comuni o naturali, i quali sono piu' numerosi. Provengono da piu' cause ed in generale da tutte quelle che recano la corruttela negli umori; ed il giallone, per lo piu' proviene da un'umidita' eccessiva nell'aria ambiente della bigattiera. Ma qualunque sia l'origine e la causa, si' del negrone che del giallone, e derivino dalla degenerazione del nemico parassito, o nascano spontanee nel filugello, queste malattie sono amendue contagiose e possono essere pertanto propagate e molto, indipendentemente dalla causa prima che le produssero. Il loro germe appiccaticcio e' tutt'uno, cioe' di una sola specie.
    Questo contagio da me detto negronico, gangrenoso o gangrenale, trae sempre ad inevitabil morte l'invaso animaletto, e molto piu' presto ancora di quello faccia il calcinico: si comunica pero' difficilmente per semplice contatto, ma e' comunicabilissimo per mezzo del cibo infetto, egualmente che per mezzo dell'inoculazione (2). Si diffonde lentamente all'intorno, non essendo volatile, ossia sollevabile nell'aria, e percio' l'aria non e' conduttrice del contagio negronico, a differenza del moscardinico (3): ma piu' potente di questo ammazza l'invaso animaletto talora in meno di ventiquattro ore se l'aria e' molto calda (4), e si spegne meno facilmente; e non tutti gli agenti che estinguono il calcinale, sono capaci di estinguere anche il gangrenoso.
    Non solo i morti negroni e gialloni, ma tutti i filugelli periti per qualsiasi cagione, e quindi putrefatti, tanto in istato di larva, di ninfa che di farfalla, e non solo i filugelli e tutti gli altri bruchi infraciditi, ma qualunque altra sostanza animale morta in istato di putrefazione, si' solida, che liquida, come le carni, il sangue, il cacio, il latte le orine ecc. tutte queste sostanze in attualita' di putrido fermento, possono produrre il negrone nel baco da seta e negli altri bruchi egualmente (5). Il contagio si attiva talvolta anche nell'individuo vivo, quando uno o piu' dei materiali integranti del suo organismo, perduta la vitalita', entra in putrido fermento, come vedesi avvenire, nel giallone, il cui umore travasato che lo colora benche' vivo ancora l'insetto che lo serba, trovasi gia' in preda del processo putrescente.
    Lo stesso effetto della sostanza animale infracidita producono i funghi e forse altre piante della stessa natura contenenti dell'azoto, incominciato che siasi in queste l'intestino putrido movimento. Sono escluse le sostanze pure vegetali (6).
    Le carni salate e le affumicate, benche' da lunghissimo tempo, se poste nell'acqua, e quindi putrefatte, presentano l'egual fenomeno.
    Cessata la putrida fermentazione per essiccamento, fumicatura, o per l'uso del sole o in altro modo, cessano pure le dette sostanze di essere contagiose. Riacceso il putrido fermento tornano ad essere appiccaticcie. L'egual cosa succede infondendo della carne putrefatta nello spirito di vino, la quale perde cosi' la facolta' sua contagiosa, e la riprende dappoi, se estratta ed evaporato l'alcool, si ravviva nella detta sostanza animale l'intestino movimento fermentante.
    I bachi calcinati gia' da molti anni, se si bagnano o si umettano di molto, sebbene non tramandino alcun fetore, anzi si conservino tuttavia inodorosi, inoculandosi con essi dei filugelli, muojono ed il loro cadavere diviene negrone. Gli stessi filugelli estinti nei loro bozzoli, e gia' conversi in polvere dal lasso del tempo, bagnata o di molto inumidita questa polvere, ci offre, usandone per innesto, il medesimo risultato. Se pero' queste ed altre sostanze animali in piu' modi lungamente conservate, s'insinuano nel filugello prima che si susciti in esse il putrido fermento, quantunque bagnate e rammollite non recano al medesimo alcun nocumento. La carne cotta o soltanto bollita e quindi infracidita, sebbene s'introduca nel filugello in attualita' di putrido fermento, si' per innesto che col mezzo del cibo, non reca ad esso alcun nocumento.
    Ne' sembra che questi enti o germi contagiosi sieno cagione ed operatori dell'intestino moto fermentante della materia animale in putrefazione, ne' del fetore che da essa emana, considerato che v'ha infracidimento come nella detta carne bollita, senza che vi siano tali enti o germi gangrenali, e v'hanno questi senza che vi sia fetore della sostanza putrescente, come nel fermento dei suddetti bachi calcinati da lunghissimo tempo ed in quello della riferita vecchia polvere di filugelli morti ed essiccati (7).
    Per diminuire il danno che apporta all'educatore degli utili insetti l'indole contagiosa del negrone e del giallone, non che di qualunque altro baco estinto e putrefatto, non vi ha altro mezzo che di raccogliere tutti i cadaveri, principalmente i negroni e soprattutto i gialloni e questi ancor vivi subito che offrono i primi segni d'ingiallimento, i quali assai piu' che i negroni sono di danno al coltivatore, sagrificandosi per essi, se trascurati, molti altri filugelli loro compagni. I gialloni andando qua e la' errando irrequieti, imbrattano del corrotto loro umore ch'esce dalla screpolata pelle, tutto cio' che incontrano, e cosi' anche la foglia, la quale mangiata da altri filugelli sani, si pongono presto nell'egual stato di malattia e di morte, il che reca al coltivatore molto maggior pregiudizio di quello che possa recargli il negrone. Non essendo questo contagioso, se non dopo estinto l'insetto e putrefatto, non puo' contaminare se non cio' che tocca il cadavere, il quale altronde non infetta che le cose che si trovano con esso in contatto, allorquando si apre e lascia fuggire il fetente liquore in esso contenuto.

Note dell'autore al Capitolo IV
(1) La mummia spuria, ossia il negrone calcinale non da seguo all'ago d''acidita', o debolmente soltanto, come accennai nella parte Teorica, a differenza della mummia legittima, ossia del vero baco calcinato, il quale irrugginisce di molto la spilla in brevissimo tempo, cioe' in pochi minuiti primi.

(2) Difficilmente questo contagio entra pei vasi assorbenti della cute; anche bruttando il corpo di un filugello in istato di bruco col liquame di altro infracidito , di rado si arriva ad infermarlo e farlo morire, come sempre e irreparabilmente lo si ammala e si uccide, insinuando in esso il germe appiccaticcio col mezzo dell'alimento. Il piu' piccolo pezzettino di foglia che si mangi dal filugello lordo di questa sostanza animale in attualita' di putrido fermento, lo porta ad inevitabil morte. Lo stesso effetto produce sempre l'innesto di detta materia.

(3) Io collocai piu' volte degli aghi sopra vasi contenenti dell'acqua con della carne infracidita e dei filugelli pure in dissoluzione colla punta rivolta verso il liquido, senza punto toccare le pareti del recipiente; e quantunque restassero alcuni giorni e scuotessi talora leggermente il vaso in modo pero' che i detti spilletti non toccassero mai il sottoposto liquore ne' il vaso che lo conteneva, non mi riusci' giammai inoculando dei filugelli sani con questi aghi, non diro' di avere dei negroni, ne' di farli morire altrimenti, ma di accorgermi neppure del piu' piccolo loro patimento.
    Se mai avvenisse talora che i germi contagiosi gangrenali si alzassero nell' atmosfera a piccola distanza dalla massa putrescente, cio' si dovrebbe al forte intestino movimento fermentante, e non alla natura loro, i quali finche' sono attivi, se ne stanno uniti alla materia animale da cui ricevettero la loro esistenza, ossia il loro sviluppo.

(4) Se s'innesta di negrone, o di altra sostanza animale in attualita' di putrido fermento, un filugello in istato di bruco o di crisalide, gia' infermato antecedentemente col mezzo dell'inoculazione o altrimenti di moscardino, e prossimo percio' a morire, questo individuo quantunque viva ancora molte ore, e non dia neppur segni del vicino suo perimento, il suo organismo ossia la sua sostanza animale e' inalterabile per parte del germe negronico e gangrenale, sia che lo conservi l'acido fosforico gia' formato dall'atto vegetativo del mortal fungo in quantita' sufficiente per produrre questo effetto, sia che la moltiplicazione delle piante parassite a tal periodo della malattia, si trovi gia' si grande di aver convertita in materia propria pressocche' tutta quella dell'invaso animaletto.
    Innestandolo invece contemporaneamente con ambo i detti contagi, calcinico e negronico, o un giorno o due dopo, col detto germe gangrenale, in questi casi l'inoculato insetto perisce sempre di gangrena, presto pute assaissimo, si corrompe e si sfacela.

(5) Se coll'umore, linfa o sangue, che si voglia chiamare, del filugello appena tratto dal suo corpo, s'innesta altro filugello, non produce nel medesimo alterazione di sorta alcuna; ma se l'innesto si fa dopo che l'estratto liquore incomincio' ad imputridire, l'individuo inoculato corre a morte irreparabile in istato di negrone.
    Lo stesso fenomeno ci offre il sangue di altri animali, il latte, le orine ecc. Adoperando questi liquidi per innesto ancor freschi, cioe' poco dopo che sono usciti dalla macchina animale riescono affatto innocui ai filugelli nei quali si insinuano: ed usandone invece dopo che manifestossi in essi il putrido fermento, uccidono immancabilmente l'inoculato animaletto. Gli stessi effetti si ottengono bagnando coi detti liquori la foglia e cibandone con essa i filugelli.
    Umettata la punta di un ago anche in un modo invisibile con acqua in cui siavi state in infusione un po' di carne per un po' di tempo o altra sostanza animale, sebbene sia questa si' poca da non comunicare al liquido quasi tampoco sensibile fetore, pungendosi con questa spilla un filugello, muore negrone.
    Ritenuto questo fatto, invece di usare fumigi inutili o bagni medicati per far morire i bruchi che guastano le piante a noi utili, si potrebbe provare a spruzzare e loro foglie colla dett'aequa, delle quali cibandosi gli stessi bruchi in alcuno dei punti tocchi dal liquido avvelenato benche in minima porzione, morrebbero immancabilmente e presto; e questo bagno o spruzzo lungi dal nuocere all'albero, gli giova anzi, crescendogli l'alimento. Facendosi poi assai imputridire un uovo crudo di pollo, e rotto quindi gettandolo nell'acqua, si potrebbe in tal modo preparare, volendo, con piccolo dispendio parecchie brente di detto liquido sterminatore.

(6) La foglia marcia o infracidita e tuttavia in istato di putrido fermento, tanto innestata che mangiata dal filugello, non l'uccide, ne' produce il negrone, e mangiata in piccola dose non reca tampoco alcun nocumento alla sua salute quando un atomo solo di sostanza animale in attualita' di putrido fermento introdotto col cibo o coll'innesto nell'animaletto basta per condurlo a sicura e sollecita morte

(7) Se vi ha contagio inorganico e spontaneo che agisca come lievito o fermento, dovrebbe essere questo sicuramente, il quale pare che operi come principio corruttivo e decomponente la sostanza animale vivente, poiche' introdotto in esseri dotati di vita, prestamente li pone in dissoluzione. Ma se la sostanza animale in attualita' d'imputridimeuto, infracidisce e mette in consunzione ancora l'organismo animate vivente, in cui e' introdotta, ossia cagiona in questo lo stesso movimento disorganizzante e distruttivo che produce nella sostanza morta, dovra' dirsi senza tema di errare che tale principio dissolvente si la materia morta, che la viva sia veramente un lievito, usi principio fermentante ossia dissolutivo di detta sostanza organica viva? Che questo principio sia prodotto dal processo della sostanza animale in putrefazione se innestando un filugello con della carne cotta o puramente bollita e quindi infracidita, l'inoculato animaletto non muore, e neppur s'ammala tampoco? Se l'essicamento e l'alcool sospendono nel contagio in discorso la sua azione, rendendolo inetto, introdotto che sia nell'animatetto vivo, ad operare la dissoluzione, finche' non si ravviva nella materia animale il sospeso movimento fermentante, la bollitura invece estingue il contagio in modo da non poter mai piu' rendersi attivo, neppur colla riaccensione o ripristinazione del processo putrescente della stessa sostanza animale cotta o semplicemente bollita. Non pare piu' verosimile il supporre che anche il germe di cui si tratta sia pure organico, riflettuto che l'essicazione e lo spirito di vino non fanno che spegnere la vita dell'ente contagioso gia' svolto o schiuso dal suo germe, e idoneo, entrando nell'animale vivo, a mettere in dissoluzione l'organismo, ossia a promuovere nel medesimo lo stesso intestino movimento da cui fu egli stesso sviluppato, ossia da cui ricevette le prime mosse di sua vita attiva, lasciando inalterati i germi procreati nell'avvenuto putrido fermento ed ancora in istato di vita latente, i quali schiudonsi poi nel successivo movimento putrescente? E la bollitura all'incontro piu' potente, estingue ben anche lo stesso germe ancora da svolgersi, per il che detta carne cotta o soltanto bollita non possiede piu' la facolta' appiccaticcia, sebbene quindi infracidisca ancora, atteso che non contiene piu' l'ente che sviluppandosi, merce' il putrido fermento, ed entrando nella sostanza animale vivente, e quivi pa pascendosi, metta, crescendo, in mortal disordine l'economia vitale, e l'organismo pertanto vivente in piena dissoluzione? Cio' premesso ragion vuole che si supponga che questi esseri vivi, uova o semi che siano, cioe' enti animali o vegetali, debbano esistere in tutti gli animali, e forse anche nelle piante e piu' ancora negli stessi esseri inorganici e aver bisogno del detto putrido fermento della materia animale per isvilupparsi e ricevere in essa i primi movimenti della loro vita attiva: cosi' essendo il morbo negronico o gangrenoso a differenza del calcinale non puo' mai essere sporadico, ma sempre attaccaticcio come lo e' diffatti, atteso che i germi di questa malattia esistendo in istato di vita latente, come dissi, in tutti gli animali e fors'anche in altri corpi organici ed inorganici, non si svolgono e prendono vita attiva che per opera della putrida fermentaiionc animale; e percio' inoculandosi, mentre e' questa in azione, si promuove nell'individuo inoculato sempre lo stesso putrido processo.
    Pare che i germi negronici o gangrenosi esistano in istato di semi o d'uova, ossia in istato di vita latente non solo negli animali, ma ancora nei vegetabili e nei corpi inorganici, e fors'anche sparsi nell'atmosfera medesima ma che non riescono nocivi al filugello, e ad altri bruchi, se non allorquando sonosi sviluppati, e assunsero i primi moti della loro vita attiva, merce' il putrido fermento della sostanza animale, nel quale stato solo d'azione introdotti nell'insetto, possano trarre da questo alimento, e nutrendosi recare il mortal disordine nella di lui economia vitale, e morto cosi' l'individuo invaso e quindi eccitatosi nel cadavere il putrido fermento, gli enti distruttori della vita trovano allora in esso pascolo opportuno ed abbondante al maggior loro incremento ed alla successiva loro rigenerazione producendo i semi o le uova, secondo la natura loro vegetale od animale, i quali poi si conservano in tale stato di vita latente nei diversi corpi , e sparsi fors'anche in parte nell'aere medesimo, finche' il caso non li porti nella materia animale in attualita' di putrido fermento, in cui svolgendosi e quindi alimentandosi e crescendo poter generare altri semi od uova. Se avviene poi che l'accidente o l'arte introduca tali germi cosi' sviluppati ed in azione nei filugelli vivi od in altri bruchi, ivi nutrendosi ammazzano il soggetto invaso, il quale quindi infracidendosi offre cosi' il cibo necessario al maggior loro ingrandimento ed alla successiva loro riproduzione.
    Se avro' tempo e mezzi sufficienti di moltiplicare d'assai gli sperimenti anche in questa parte, come gia' feci intorno al mal del segno, mi lusingo di poter spargere nuova luce su di un tema che potrebbe riuscite un giorno di qualche utile applicazione nell'interessantissima dottrina dei contagi.

FINE DELLA SECONDA PARTE ED ULTIMA.