IDEE SUI CRITERI DI VALUTAZIONE PER LE IDONEITA' NAZIONALI - n.1
(Andrea Bellelli)

      Le imminenti procedure concorsuali per l'idoneita' nazionale ai ruoli di Professore Ordinario e Professore Associato sono (o dovrebbero essere) occasione di una discussione pubblica del nostro Collegio, che ha messo a Statuto la definizione dei criteri di valutazione. E' importante sottolineare che cio' che si scrive sul sito delle discussioni e' opinione personale dello scrivente e non vincola il Collegio che decide la sua posizione mediante votazioni assembleari.

      La prima distinzione essenziale da farsi e' tra criteri escludenti e criteri non escludenti. E' ovvio infatti che il criterio escludente porta a bocciare irrimediabilmente il candidato che non possiede il criterio; le conseguenze di un eventuale errore nella definizione dei criteri excludenti sono quindi molto gravi. Per contro i criteri non escludenti (criteri "di merito") rappresentano indicazioni di valutazione ed eventuali erronee indicazioni del Collegio possono essere facilmente corrette in sede di valutazione dei candidati. Vorrei centrare questa riflessione sui criteri escludenti, le conditiones sine qua non per il superamento della prova concorsuale.

      Ci si deve in primo luogo chiedere se siano necessari i criteri escludenti. Criteri escludenti sono stati individuati dall'ANVUR (le famose ed infami mediane) e sono poi state sconfessate dall'ANVUR, dal MIUR e da tutte le persone di buon senso: questo porterebbe a dire che forse e' meglio rinunciare ai criteri escludenti. Le mediane sono criteri di esclusione a mio parere estremamente insoddisfacenti, perche' al tempo stesso eticamente scorrette e stupide. Sono eticamente scorrette in quanto implicano che la meta' dei docenti attualmente in servizio siano impari al ruolo occupato, cosa gravemente lesiva della dignita' di tanti colleghi che lavorano con impegno in condizioni di forte disagio. Sono stupide in quanto non indicano una condizione desiderabile da raggiungere: qualunque miglioramento della ricerca italiana e della classe docente non si potra' in nessun caso accompagnare ad un conseguimento dell'obiettivo di avere tutti i docenti al di sopra della mediana. Le mediane ci condannano ad avere sempre una condizione in cui la meta' dei docenti e' al di sotto dello standard ministeriale. Pertanto non raccomanderei mai un uso discriminatorio delle mediane, ma al massimo consiglierei di usare questi dati come fattori conoscitivi, o di confronto. D'altra parte la mancata indicazione di criteri escludenti sarebbe una posizione di debolezza del Collegio: implica cioe' che "chiunque" puo' andar bene come PO o PA del nostro settore.

      A titolo personale ritengo che il Collegio dovrebbe indicare, con grandissima prudenza, dei criteri escludenti. Credo che la ricerca di questi criteri debba seguire criteri di buon senso e che i criteri debbano essere assoluti, e non riferirsi a parametri calcolati di volta in volta sulla base dell'esisteente, come le mediane. Svolgero' quindi il seguente ragionamento: quali dovrebbero essere i requisiti minimi desiderabili per un PO di biochimica, quelli che non dovrebbero in nessun caso mancare al "candidato tipico minimo"; come da questi requisiti si possa generalizzare un criterio, che voglio chiamare "equivalente" (cioe' equivalente ma, non necessariamente uguale, a quello del candidato tipico minimo). I valori che proporro' in questo ragionamento sono arbitrari, ma alla fine li confrontero' con quelli delle mediane; chiunque puo' ricostruire lo stesso ragionamento imponendo valori diversi.

      Presumendo che un candidato PO della nostra disciplina debba avere una certa esperienza di ricerca, e possibilmente anche di didattica (alcuni di noi vengono da ruoli come il Ricercatore CNR, nei quali la didattica non e' prevista), si puo' proporre che il curriculum del candidato tipico minimo sia: venti anni di esperienza, con due pubblicazioni scientifiche all'anno su buone riviste internazionali, ciascuna citata mediamente 10 volte da altri autori (le autocitazioni devono essere escluse dal calcolo). Questa indicazione si puo' compendiare in questi parametri bibliometrici "equivalenti": IF totale=120 (40 lavori con IF medio = 3), citazioni totali=400. Il candidato che abbia parametri almeno pari a questi deve essere ritenuto senz'altro ammissibile, mentre il candidato che non possiede questi parametri sara' considerato ammissibile solo in casi eccezionali ed esplicitamente motivati. E' importante notare che in questa proposta l'eta' accademica, il numero di pubblicazioni, ed altri indicatori sono stati usati per dare un significato al criterio "equivalente", ma non come tali: non si richiede al candidato reale di superare il candidato tipico minimo (che e' un individuo astratto e idealizzato) ma di superare i parametri equivalenti del candidato tipico minimo. Ovvero, un candidato potrebbe risultare ammissibile con 80 pubblicazioni con IF medio=1.5 oppure con 20 pubblicazioni con IF medio=6. Questo approccio rende inutili le normalizzazioni per eta' accademica o altri parametri che sono sempre molto pericolose: il candidato giovane dovra' essere particolarmente bravo, quello piu' anziano potra' essere un po' meno bravo ma sara' in cambio piu' esperto. I criteri escludenti qui proposti sono intenzionalmente minimali: tutti sanno che le mediane del ssd BIO/10 sono molto piu' elevate. Ma e' ovvio che il criterio escludente deve per sua propria natura essere minimale, per non scartare candidati di valore la cui produzione scientifica, per qualunque ragione, sia "atipica". Se il ruolo di provenienza del candidato prevede attivita' didattica, questa deve essere dimostrata: ad esempio sempre con riferimento al candidato tipico minimo si potrebbe ipotizzare la titolarita' di un corso all'anno per 20 anni, che porta al criterio "equivalente " di 20 titolarita' di corsi universitari comunque distribuiti nel tempo.
      Alla fine del ragionamento l'esempio proposto di criteri escludenti per un candidato che aspira a diventare un PO del ssd BIO/10 comporta: un IF totale pari almeno 120, piu' un numero di citazioni totali (escluse le autocitazioni) pari ad almeno 400, piu' la passata titolarita' di almeno 20 corsi universitari del settore. Questi requisiti potrebbero essere stati conseguiti in qualunque modo nel corso della carriera pregressa e su qualunque arco temporale.

      E' di fondamentale importanza porsi almeno due problemi: 1) quali conseguenze ha l'individuazione pubblica di criteri di valutazione; e 2) quali sono le possibili sorgenti di errore nell'indicazione dei criteri stessi.

      Le conseguenze dell'indicazione pubblica dei criteri di valutazione sono molto rilevanti: i potenziali candidati adattano la loro strategia produttiva in modo da ottimizzare le loro prestazioni rispetto ai criteri indicati. Ad esempio, se i criteri non includessero la didattica i candidati tenderebbero a fare meno didattica possibile (questo sta gia' succedendo grazie alle sciagurate indicazioni fornite dall'ANVUR che ha escluso la didattica dalle sue valutazioni). Oppure, se i criteri indicassero parametri reali anziche' parametri equivalenti, i candidati tenderebbero ad inseguire questi ultimi con risultati paradossali: ad esempio uno dei criteri ANVUR per il nostro settore e' il numero delle pubblicazioni indicizzate, a prescindere dal loro valore: questo comporta che per il candidato sia una valida strategia quella di suddividere il proprio contributo nel maggior numero di pubblicazioni possibili. Per contro il criterio equivalente dell'IF totale mette piu' o meno sullo stesso piano due pubblicazioni su riviste meno prestigiose o una sola su una rivista prestigiosa. Utilizzare come criterio le citazioni totali depurate delle autocitazioni serve a non incoraggiare comportamenti non etici come l'eccesso di autocitazioni o addirittura la pubblicazione di contributi irrilevanti finalizzati ad autocitarsi (tutti comportamenti che sono favoriti dai criteri ANVUR). E' chiaro che l'adozione di un criterio anche valido, ma che si presti ad un uso scorretto, va il piu' possibile evitata.

      Possibili sorgenti di errore nei criteri proposti sono, a mio parere modeste, ma devono essere comunque considerate. I criteri proposti ignorano la posizione del candidato nell'elenco degli autori di ciascuna pubblicazione: questa e' certamente una rinuncia dolorosa ma ha il vantaggio di non incoraggiare il possibile comportamento scorretto che deriverebbe dal negare il primo nome allo studente di dottorato che ha realizzato gli esperimenti. I criteri proposti ignorano la percentuale di proprieta' intellettuale (IF del lavoro diviso per il numero degli autori): questo e' un parametro importante che potrebbe essere introdotto sostituendo l'IF minimo equivalente con un IF corretto minimo equivalente (supponendo che un articolo abbia in media 5 autori il parametro richiesto diventerebbe 120/5=24; se un IF medio nel nostro ssd e' uguale a 3 e ogni pubblicazione ha in media 5 autori l'IF corretto medio e' 3/5=0.6 e 40 pubblicazioni valgono in media 40x0.6=24). Sono certo che nelle idee esposte sopra ci siano molti altri possibili errori od omissioni che i miei lettori possono individuare meglio di me: ma una proposta come questa serve come base di ragionamento e non ha alcuna ambizione di essere adottata tout court.