TEORIE MEDICHE BASATE SU METAFORE E ANALOGIE

 
    Molte (o forse tutte le) teorie mediche classiche facevano esteso ricorso ad analogie e metafore per descrivere gli invisibili eventi interni all'organismo, ispirandosi a fatti noti, spesso banali. L'ipotesi sulla fisiologia o sulla patologia che ne risulta puo' essere definita ontologicamente metaforica in quanto l'analogia o la metafora illustra o dimostra qualcosa che si presume effettivamente esistente, e sostituisce una dimostrazione empirica. Ripercorrere questa tradizione medica metaforica significherebbe rileggere l'intera storia della medicina; ci accontenteremo di descrivere un esempio.
 
 

 
IL SANGUE E LA CIRCOLAZIONE SECONDO GALENO

    Nel II secolo d.C. Galeno, sviluppando ipotesi precedenti che risalivano a Ippocrate e ad Aristotele (V secolo a.C.), aveva sostenuto che il sangue si forma nel fegato grazie alla trasformazione del cibo digerito ed assorbito dall'intestino. In breve il modello Galenico della circolazione del sangue e' il seguente [1,2]: il cibo digerito e liquefatto passa nelle vene mesenteriche e, attraverso queste nella vena porta che lo conduce al fegato. Il fegato elabora ulteriormente questo materiale, in un processo chiamato concozione, e lo trasforma in sangue immaturo. Il sangue immaturo viene immesso attraverso le vene epatiche nella vena cava inferiore e qui prende due strade: una ascendente, che conduce al cuore, e una discendente, che conduce ai visceri pelvici e agli arti inferiori. In questa teoria il sangue si muove per una virtu' pulsatile dei vasi, non per la spinta del cuore, che anzi agevola il circolo aspirandolo durante la diastole piuttosto che spingendolo durante la sistole. Il sangue che raggiunge il cuore destro attraversa in parte il setto interventricolare e nel ventricolo sinistro subisce un ulteriore processo di maturazione, grazie al calore del cuore, e viene miscelato con l'aria proveniente dai polmoni (pneuma) attraverso le vene polmonari, e con gli altri umori per diventare sangue maturo. Il sangue maturo raggiunge tutti i distretti dell'organismo soprattutto attraverso l'arteria aorta. In tutti i vasi che si dipartono dal cuore, arterie e vene, il flusso e' centrifugo; l'unica eccezione e' il tratto sovraepatico della vena cava inferiore nella quale il sangue immaturo scorre verso il cuore invece di allontanarsene. Il sangue che raggiunge gli organi ed i tessuti vi si riversa e ne viene consumato, come l'acqua viene trasportata da tubi ed acquedotti viene usata e dispersa per irrigare i campi.
    La teoria Galenica e' basata su tre analogie o metafore ontologiche: il sangue si forma in un processo analogo alla cottura e preparazione del cibo (la concozione) e si consuma in un processo analogo all'irrigazione. Il modello della circolazione e' analogo al progetto di un acquedotto che preleva l'acqua da un serbatoio e la conduce ad un utente finale che la consuma. Le tre analogie della cottura, dell'irrigazione e dell'acquedotto suppliscono ai dati empirici non disponibili grazie al ricorso a pretese somiglianze con fenomeni noti
 
    EVOLUZIONE DELLA TEORIA GALENICA
    Il principale difetto della teoria Galenica della circolazione, noto fin dall'antichita', era la pretesa che le cavita' sinistre del cuore fossero rifornite da quelle di destra attraverso il setto interventricolare. Aristotele riteneva che il setto fosse aperto, come accade nei vertebrati inferiori, Ma Galeno sapeva invece che nei mammiferi il setto interventricolare e' continuo e compatto e pensava che fosse perforato da fori microscopici, invisibili ad occhio nudo. Si deve considerare che i greci ed i romani non praticavano autopsie sull'uomo, mentre erano esperti nella dissezione di animali: per questo Aristotele estendava all'uomo quello che sapeva dell'anatomia degli animali [1]. Tutti gli anatomici successivi cercarono i foramina del setto interventricolare senza trovarli, finche' nel XIII secolo l'arabo Ibn Al Nafis, in un commento al Canone della Medicina di Avicenna, propose che il sangue fosse trasferito dal ventricolo destro al sinistro passando attraverso il polmone. Al Nafis aveva spiegato, grazie al ragionamento piuttosto che all'esperimento, la circolazione polmonare ed aveva implicitamente risolto il problema della circolazione intracardiaca; il percorso del sangue era il seguente: dal ventricolo destro all'arteria polmonare, da questa alle vene polmonari ed infine all'atrio sinistro e al ventricolo sinistro. Il modello di Al Nafis era corretto e risolveva il problema dell'impervieta' del setto interventricolare; inoltre esso conteneva anche un'altra innovazione rivoluzionaria, il flusso centripeto del sangue nelle vene polmonari, la cui funzione era quella di portare il sangue al cuore anziche' ai tessuti.
    La correzione di Al Nafis non toccava i tre principi analogici fondamentali del modello Galenico: il sangue continuava ad irrigare i tessuti e la circolazione sistemica continuava ad assomigliare ad un acquedotto. Inoltre l'ipotesi di Al Nafis non ebbe grande diffusione e in occidente la teoria Galenica rimase piu' o meno invariata per altri tre secoli.
 
    WILLIAM HARVEY E LA CIRCOLAZIONE DEL SANGUE
    Col Rinascimento si diffuse la pratica anatomica sul cadavere (inizialmente praticata dagli artisti allo scopo di perfezionare le conoscenze necessarie alle arti figurative) e vennero rivelate le molte imprecisioni ed errori dell'anatomia Galenica. Nel XVI secolo veniva pubblicato il De humani corporis fabrica di Andrea Vesalio, il primo testo moderno di anatomia medica, arricchito dalle preziose illustrazioni di Ian Stephan Van Calcar. Alla fine del XVI secolo Girolamo Fabrizio scopri' le valvole venose che impedivano il flusso centrifugo del sangue, rivelando cosi' un altro difetto della teoria Galenica; nello stesso periodo Michele Serveto riscopri' la teoria della circolazione polmonare (probabilmente egli era all'oscuro dell'opera di Ibn Al Nafis).
    Nel 1628 William Harvey, che era stato allievo di Fabrizio a Padova, pubblico' un breve trattato, l'Exercitatio anatomica de motu cordis et sanguinis in animalibus [3], nel quale dimostrava con semplici esperimenti e ragionamenti eleganti che il cuore spinge ogni giorno nei vasi una quantita' di sangue troppo grande per pensare che possa essere costantemente consumata e prodotta, e che il flusso sanguigno nelle vene ha direzione centripeta (verso il cuore) e non centrifuga (verso i tessuti). Era la fine delle due analogie Galeniche dell'irrigazione e dell'acquedotto. La teoria di Harvey e' circolatoria perche' il sangue si allontana dal cuore nelle arterie ma vi ritorna attraverso le vene senza essere consumato dai tessuti e non fa altro che circolare costantemente attraverso i vari distretti dell'organismo.
 
    OBIEZIONI E DEFINITIVA AFFERMAZIONE DELLA TEORIA DI HARVEY; ALTRE METAFORE
    La teoria di Harvey all'atto della sua formulazione aveva due gravi lacune: 1) presumeva una continuita' tra le arterie e le vene alla periferia estrema dell'organismo, dove non era mai stata osservata; e 2) non spiegava per quale motivo il sangue si spostasse continuamente tra i vari distretti dell'organismo senza essere consumato. Per queste ragioni molti anatomici dell'epoca vi si opposero ed elaborarono invece una nuova ipotesi analogica che poteva almeno in parte conciliare le scoperte di Harvey con la vecchia teoria di Galeno: il sangue si sposterebbe in avanti e indietro come le maree o le onde del mare e sarebbe consumato dai tessuti che lambisce. Cartesio aggiunse un'altra metafora: il movimento di va e vieni del sangue sarebbe dovuto al riscaldamento che esso subisce nel cuore e al raffreddamento che esso subisce nei tessuti come ogni corpo si espande se riscaldato e si contrae se raffreddato.
    Le due metafore delle maree e del riscaldamento ebbero vita breve perche' nel 1661, nelle epistole De Pulmonibus, Marcello Malpighi dimostro' grazie al microscopio la continuita' tra le arterie e le vene attraverso vasi periferici troppo sottili per essere visibili ad occhio nudo, che egli stimo' sottili come capelli e chiamo' per questo vasi capillari. Malpighi vide anche i globuli rossi muoversi nei capillari dall'arteriola alla venula senza fuoriuscire, e pertanto oltre a risolvere la prima difficolta' dell'ipotesi di Harvey, dimostro' definitivamente falsa l'analogia dell'irrigazione.
    La seconda difficolta' della teoria di Harvey si rivelo' piu' ostica e fu risolta dalle scoperte della chimica del XIX secolo: lo scopo della circolazione e' trasportare sostanze, in primo luogo l'ossigeno, tra i diversi distretti dell'organismo e sono queste ultime (invece del sangue) ad essere consumate o prodotte. La prima emogas analisi, che dimostrava come il contenuto di ossigeno del sangue arterioso fosse maggiore di quello del sangue venoso, fu compiuta da Gustav Magnus intorno al 1830.
 
    CONCLUSIONI
    Il sangue, il suo moto, il suo pulsare, le emorragie colpirono l'attenzione dell'uomo fin dall'antichita' e stimolarono la ricerca di ipotesi e teorie fisiologiche. Queste inizialmente si basavano su analogie e metafore ontologiche che riconducevano (ipoteticamente) l'ignoto e il misterioso al banale. La metafora ontologica e' il sostituto del dato empirico: cio' che non so lo immagino simile a cio' che conosco. Abbiamo incontrato in questa breve ed incompleta storia delle teorie circolatorie almeno cinque metafore ontologiche: della cottura del cibo, dell'irrigazione, dell'acquedotto, delle maree e dell'espansione termica. Tutte si sono rivelate fuorvianti e sono state completamente abbandonate.
    Esperimenti mirati e attente osservazioni rivelarono progressivamente un quadro empirico assai diverso da quello immaginato con l'artificio della metafora ontologica; di fatto cosi' diverso dalla realta' nota in precedenza che non esistevano neppure le parole per descriverlo. Si ricorse allora ad un diverso tipo di metafora: la metafora linguistica, sostituto della parola mancante. Cosi' Malpighi paragonava i vasi piu' sottili ai capelli non per fare ipotesi sulla loro esistenza, della quale era certo, ma perche' non aveva altre parole per descriverli [4]. Se la metafora ontologica e' lo strumento di chi non ha dati empirici, la metafora linguistica e' lo strumento di chi ha piu' dati empirici che parole, ed il passaggio dalla prima alla seconda e' caratteristico della scienza moderna.
    La metafora ontologica e' un imbroglio, anche se perpetrato in buona fede, perche' presume cio' che e' ignoto anziche' scoprirlo. E' importante riconoscerla perche' squalifica la teoria che se ne serve. Nelle pagine di questo sito si incontrano molte metafore ontologiche, dal magnetismo animale di Mesmer alla legge dei simili di Hahnemann, alla psicoanalisi Freudiana; e ancora di piu' se ne incontrano se si leggono i testi originali [5].
 
    NOTE E RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
1: Aristotele, De partibus animalium, ed. it. Rizzoli, Milano
 

2: Galeno, Procedimenti anatomici, ed. it. Rizzoli, Milano;
Galeno, De usu partium.
 

3: Il trattato di Harvey e' un grande esempio di scienza moderna e, fortunatamente e' facile da trovare. In Italia e' pubblicato da Piccin e ci sono varie edizioni inglesi; inoltre e' possibile scaricare gratuitamente dal web la traduzione inglese.
 

4: M. Malpighi, De Pulmonibus; il testo e' gratuitamente disponibile sulla
Biblioteca Digitale della SIB
 
5: L'Organon abbonda di metafore ontologiche. Ad es. nel par. 11, VI ed. si sostiene che il contagio delle malattie e' immateriale e analogo alla forza di attrazione magnetica o gravitazionale; e nel par. 26 che il simile cura il simile come la luce del sole fa impallidire e svanire quella dei pianeti, che di notte sono assai brillanti.
Negli scritti di Freud la metafora ontologica e' un'arte a se' e raggiunge altezze sorprendenti. Ad es. nell'Introduzione alla psicoanalisi (1915-1917) si legge: "Le esperienze infantili sono tanto piu' dense di conseguenze in quanto si verificano in epoche di sviluppo incompleto, e proprio per questa circostanza sono atte ad agire in senso traumatico. I lavori di Roux e altri sulla meccanica dello sviluppo ci hanno mostrato che una puntura di spillo in uno strato germinale in fase di riproduzione per divisione cellulare ha come conseguenza un grave disturbo dello sviluppo. La stessa lesione, inferta alla larva o all'animale compiuto, sarebbe tollerata senza danno." [Opere Complete, Boringhieri, VIII, p. 517; ma si veda anche XI, p.612] Chiaramente in questo periodo la seconda e la terza frase dovrebbero costituire la dimostrazione della prima; ma di che dimostrazione si tratta? Di fatto, anziche' presentare una casistica che non possiede, Freud ricorre ad una metafora ontologica: il bambino e' particolarmente sensibile al trauma psichico come l'embrione e' particolarmente sensibile al trauma fisico. Ovviamente non e' in discussione se sia vera l'ipotesi, che richiede studi adeguati, ma se sia valida la dimostrazione Freud; e la risposta e' no.
 

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