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EFFICACIA E RISCHI DELLE TERAPIE OMEOPATICHE
 
    L'efficacia di una terapia e' di difficile valutazione e molti fattori possono condurre a risultati spuri o di difficile interpretazione; molti studi sull'omeopatia sono stati criticati per la metodologia inadeguata.
 
    I primi veri studi clinici sull'omeopatia furono condotti precocemente, e, abbastanza sorprendentemente, alcuni di essi ebbero luogo in Italia. L'omeopatia infatti era stata portata a Napoli dai medici dell'esercito austriaco chiamato in aiuto da Ferdinando I di Borbone per sedare i moti carbonari del 1820-1821. Vari medici napoletani adottarono l'omeopatia e Cosmo Maria de Horatiis (1771-1850) effettuo' nel 1828 e nel 1829 due sperimentazioni cliniche presso l'ospedale della Trinita' dei Pellegrini. De Horatiis ritenne che i suoi studi confermassero la superiorita' dell'omeopatia nei confronti della medicina convenzionale anche se non rinnego' mai completamente quest'ultima.
   
    In generale e' abbastanza frequente che gli studi condotti in modo approssimativo diano risultati piu' favorevoli di quelli condotti con metodi rigorosi. Le specifiche problematiche metodologiche degli studi clinici costituiscono un argomento alquanto specialistico e sono accennate in questa sede soltanto molto brevemente; per un riferimento piu' esteso si puo' fare riferimento a wikipedia, randomized clinical trial.
    Pur con i limiti dovuti alla frequente incompletezza degli studi disponibili, si possono citare alcune analisi e meta-analisi autorevoli, con la precisazione che gli studi su malattie gravi risultano in genere negativi, mentre quelli condotti su malattie lievi, di piu' difficile interpretazione, danno talvolta risultati debolmente favorevoli. Si considerino le seguenti citazioni:
 
Shang e collaboratori riassumono i risultati di una estesa revisione di studi clinici sull'omeopatia e sulla medicina convenzionale [Lancet, 2005, vol. 366, pp. 726-732] con queste parole: "... there was weak evidence for a specific effect of homeopathic remedies, but strong evidence for specific effects of conventional interventions. This finding is compatible with the notion that the clinical effects of homeopathy are placebo effects." (... sono state trovate deboli prove a sostegno di effetti specifici dei rimedi omeopatici, ma forti prove a sostegno degli effetti specifici delle terapie convenzionali. Questo risultato e' compatibile con l'ipotesi che gli effetti clinici dell'omeopatia sono effetti placebo)
 
"Our analysis of published literature on homeopathy found insufficient evidence to support clinical efficacy of homeopathic therapy in cancer care." (La nostra analisi delle pubblicazioni scientifiche sull'omeopatia ha trovato dimostrazioni insufficienti per sostenere l'efficacia clinica della terapia omeopatica nel trattamento dei tumori.) [Milazzo S, Russell N, Ernst E.(2006) "Efficacy of homeopathic therapy in cancer treatment." Eur J Cancer. 42(3):282-9].
 
"We found no evidence that active homeopathy improves the symptoms of RA, (rheumatoid arthritis) over 3 months, in patients attending a routine clinic who are stabilized on NSAIDs (non-steroidal anti-inflammatory drugs) or DMARDs (disease-modifying anti-rheumatic drugs)." (Noi non abbiamo trovato evidenze che l'omeopatia migliora i sintomi dell'artrite reumatoide, su un tempo di tre mesi, in pazienti che sono mantenuti con un trattamento standard a base di antiinfiammatori non steroidei o antireumatici) [Fisher P, Scott DL. (2001) "A randomized controlled trial of homeopathy in rheumatoid arthritis." Rheumatology (Oxford). 40(9):1052-5].
 
    E' importante notare che negli ultimi due studi i pazienti ricevevano oltre al rimedio omeopatico o al placebo anche una terapia convenzionale: infatti le implicazioni medico-legali connesse col negare al paziente una terapia convenzionale efficace per provarne una omeopatica potrebbero risultare devastanti.
    Uno studio citato dagli omeopati in favore dell'omeopatia, ma in effetti di difficile interpretazione e' quello di Frass e collaboratori (Homeopathy 2005, 94, 75-80). In questo studio due gruppi ad estrazione casuale di pazienti trattati per sepsi avevano ricevuto, in aggiunta alla terapia convenzionale, preparati omeopatici (a 200c) o placebo, in doppio cieco, per tutta la durata del ricovero nell'unita' di terapia intensiva (ma non durante il successivo ricovero nei reparti di degenza). La mortalita' ad un mese non differiva significativamente tra i due gruppi, ma a distanza di sei mesi dalla diagnosi i pazienti che avevano ricevuto il trattamento omeopatico avevano indici di sopravvivenza piu' alti (76% contro 50% con p=0,043).
    Ci sono due difficolta' nell'interpretazione di questo studio, che si segnala per l'incompletezza dei dati riportati. In primo luogo la sepsi e' una condizione acuta e in tutti gli studi si considera la sopravvivenza ad un mese. Nello studio non e' riportata la ragione per la quale i pazienti furono seguiti per sei mesi, ne' e' riportato che cosa accadde nell'intervallo di tempo tra uno e sei mesi: se i pazienti furono dimessi e con quale diagnosi, se ebbero delle complicanze e in quale misura, etc.; di fatto lo studio non riporta neppure la durata media del trattamento in unita' di terapia intensiva (e quindi la durata del trattamento omeopatico ricevuto). Si pone il dubbio che il trattamento omeopatico sia stato irrilevante per la condizione di sepsi (ad un mese la differenza tra gli indici di sopravvivenza dei due gruppi non era statisticamente significativa), ma abbia "portato fortuna" nelle vicende successive di questi pazienti: forse l'effetto osservato non era relativo alla condizione di sepsi. In secondo luogo si deve notare che gli stessi autori riconoscono che la terapia omeopatica in questo caso e' un adiuvante della terapia convenzionale: non si fa qui un confronto tra terapia convenzionale e terapia omeopatica, ed e' lecito presumere che l'esito di un simile confronto, se lo si facesse, sarebbe disastroso.
    Sebbene sia stato spesso sostenuto che l'omeopatia da' risultati migliori del solo placebo, non soltanto questi risultati sono spesso dubbi, ma e' fonte di preoccupazione il fatto che risultati certi siano ancora di la' da venire per un metodo terapeutico in uso da oltre due secoli: infatti le terapie della medicina convenzionale che si sono rivelate efficaci ed hanno retto alla prova del tempo sono state riconosciute valide immediatamente o quasi: la vaccinazione antivaiolosa di Jenner (1776); il succo di limone per il trattamento dello scorbuto di Lind (1747); i sulfamidici (1938); la penicillina e gli altri antibiotici (dal 1940 circa) e molte altre terapie convenzionali sono state riconosciute efficaci nello spazio di pochi anni, in genere durante la vita attiva del loro scopritore. Soltanto per le medicine alternative, ed in particolare per l'omeopatia vale questa secolare sospensione del giudizio in attesa di "studi ulteriori".
       
DIFFICOLTA' DELLA VALUTAZIONE DELLE TERAPIE
 
    Stabilire che una terapia e' efficace significa dimostrare che, in confronto a quello che accade nei pazienti non trattati, nei pazienti trattati la malattia ha maggiore probabilita' di guarire, segue un decorso piu' breve o con sintomatologia piu' lieve o con minori complicanze o recidive. Vari fattori determinano la difficolta' della valutazione; tra questi possiamo considerare:
1) l'entita' differenza tra la prognosi della malattia trattata e quella della malattia non trattata;
2) le complicazioni statistiche;
3) l'influenza dei possibili errori diagnostici;
4) l'effetto placebo
 
    Il primo, e forse piu' importante, fattore che determina la difficolta' di valutazione dell'efficacia della terapia e' l'ENTITA' DELLA DIFFERENZA TRA LE PROGNOSI DELLA MALATTIA TRATTATA E NON TRATTATA.
    Poiche' il massimo che si puo' chiedere ad una terapia e' una pronta guarigione, le terapie piu' facili da valutare sono quelle destinate alle malattie piu' gravi: se la malattia non trattata e' grave e comporta una letalita' elevata a breve scadenza, ed il trattamento e' efficace, la valutazione della terapia e' in genere semplice. All'epoca di Hahnemann due terapie soddisfacevano in modo chiaro a questi requisiti: il succo di limone per la cura e la prevenzione dello scorbuto e l'estratto di corteccia di Cinchona per la malaria. Lo scorbuto e' la malattia causata dalla carenza di vitamina C ed era prevalentemente una malattia malattia professionale dei marinai; nel caso di viaggi prolungati poteva uccidere la meta' della ciurma o anche piu'. Il trattamento con succo di agrumi guarisce lo scorbuto in pratica nel 100% dei casi e ne previene il ricorrere. La malaria, pur non avendo una letalita' altrettanto elevata e' una malattia grave, di lunga durata e gravemente debilitante; nel caso della malaria da Plasmodium falciparum (la piu' grave) la letalita' della malattia non trattata e' probabilmente nell'ordine del 5%, ed il trattamento con chinino (o altri antimalarici) la riduce a circa lo 0,1%; in aggiunta la terapia abbrevia enormemente il decorso della malattia. La terapia antibiotica di molte malattie infettive, resa disponibile molto dopo la morte di Hahnemann puo' alterare la prognosi in maniera spettacolare: ad esempio la peste non trattata ha una letalita' che oscilla tra il 50% ed il 100% a seconda della localizzazione dell'infezione, ed il trattamento con streptomicina o gentamicina la abbassa a circa il 5%. Nessuna terapia omeopatica e' attiva come in questi esempi e quando l'omeopatia e' stata applicata a malattie gravi i risultati sono stati in genere scarsi o nulli (vedi sopra), sebbene in alcuni casi storici equivalenti o migliori di quelli della medicina convenzionale dell'epoca (ad es. nell'epidemia di colera del 1851 a Londra).
    Quando la malattia e' benigna ed ha alte proabilita' di guarire spontaneamente (un caso molto frequente), la valutazione dell'efficacia della terapia e' piu' difficile: infatti si devono valutare effetti piu' sottili della letalita', quali la durata della malattia, che guarisce comunque sia nei pazienti trattati che in quelli non trattati, o l'entita' della sintomatologia soggettiva del malato. L'omeopatia che Hahnemann proponeva come adatta a curare qualunque malattia e' oggi una medicina dedicata a malattie minori, piccoli fastidi che guarirebbero spontaneamente anche in assenza di trattamento. Ad esempio l'omeopatia e' oggi studiata come terapia di sindromi allergiche, dell'emicrania, delle riniti, etc. [1], ed anche in questi casi la sua efficacia, se esiste e' modesta.
 
    Poiche' anche le malattie piu' gravi possono guarire spontaneamente, attribuire la guarigione alla terapia prescritta richiede di valutare campioni numerosi di pazienti trattati e non trattati, ed esistono protocolli sperimentali che assicurano la VALIDITA' STATISTICA dei risultati ottenuti. I casi di singoli pazienti, per quanto stupefacenti possano apparire, non hanno validita' statistica (ad esempio a causa dei possibili errori diagnostici). Le principali condizioni che assicurano la validita' dell'esperimento clinico sono: che i pazienti siano numerosi, omogenei per diagnosi e assegnati casualmente al gruppo trattato col farmaco in questione o al gruppo di controllo, trattato con placebo; che lo studio sia condotto in "doppio cieco" (i pazienti ed i medici valutatori ignorano quali pazienti siano assegnati al gruppo trattato col farmaco e quali al gruppo trattato col placebo); che l'esito della terapia sia quantificato in modo rigoroso, facilmente riconoscibile ed oggettivo. Molti studi sul'efficacia dei rimedi omeopatici sono stati riconosciuti carenti dal punto di vista metodologico (come del resto anche studi sui farmaci convenzionali): non sempre i pazienti erano assegnati casualmente al gruppo trattato o di controllo, non sempre era applicato il doppio cieco, etc. Un problema specialmente rilevante per l'omeopatia e' che la pretesa di individualizzare la terapia sui sintomi del paziente anziche' sulla diagnosi puo' comportare che pazienti sofferenti dello stesso disturbo ricevano terapie diverse, e pazienti con disturbi diversi ricevano la stessa terapia: in queste condizioni alcune premesse intese a garantire validita' allo studio vengono meno.
 
    Gli ERRORI DIAGNOSTICI sono tutt'altro che infrequenti e tendono a confondere i risultati degli studi clinici, specialmente se questi sono condotti su campioni poco numerosi di pazienti: infatti se un paziente viene erroneamente diagnosticato come portatore di un tumore o di una malattia infettiva grave, la sua inaspettata guarigione viene a torto attribuita alla terapia prescritta. E' molto probabile che molte "guarigioni miracolose" siano in realta' guarigioni banali da malattie lievi erroneamente diagnosticate come gravi
 
    L'EFFETTO PLACEBO. Gli ingredienti di una terapia correttamente scelta sono molteplici, e il farmaco dimostrabilmente attivo e' soltanto uno tra questi; altri fattori certamente rilevanti sono il regime di riposo e dietetico del paziente e l'effetto placebo. L'effetto placebo ha probabilmente natura psicologica e comporta che un paziente che crede di ricevere un trattamento efficace guarisce meglio e piu' in fretta di un paziente che non riceve effettivamente nessun trattamento. Per fare un esempio: in un caso di malattia infettiva la terapia specifica consiste in compresse di un antibiotico dimostrabilmente attivo contro il germe responsabile dell'infezione, il placebo consiste in compresse di amido o zucchero (che pero' il paziente crede essere di antibiotico), e nessun trattamento consiste ovviamente nel non fornire alcuna compressa. Il placebo e' una sostanza che viene normalmente assunta con la dieta in quantita' assai maggiore di quella fornita con la compressa e non ha effetto specifico sull'agente della malattia (cioe' qualunque sostanza appartenente alla dieta avrebbe lo stesso effetto).
    L'effetto di un farmaco e' la somma dei suoi effetti specifico e placebo e gli studi clinici moderni vengono effettuati confrontando la prognosi del gruppo di pazienti trattati col farmaco con quella del gruppo di pazienti trattati con placebo; al farmaco si richiede quindi di avere piu' effetto del placebo. A che cosa e' dovuto l'effetto placebo? Alcuni studi suggeriscono che il placebo, attraverso meccanismi psicologici, favorisce la liberazione di neuromediatori della classe delle endorfine; ma e' possibile che anche altri mediatori siano coinvolti.
    Ovviamente, per molti farmaci della medicina convenzionale e' possibile dimostrare un effetto specifico in vivo (cioe' il farmaco e' piu' efficace del placebo) ed in vitro (cioe' il farmaco agisce su componenti biologici isolati: cellule, macromolecole, batteri, etc.), mentre l'effetto dei farmaci omeopatici e' spesso non distinguibile da quello del placebo [2].
       
RISCHI ED EFFETTI COLLATERALI
    Le terapie omeopatiche in linea di massima non provocano danni ed effetti collaterali: poiche' il farmaco e' troppo diluito per essere attivo (o e' addirittura assente dal preparato), e' anche troppo diluito per essere tossico o dannoso. E' in effetti sorprendente come gli omeopati pretendano di poter separare in modo netto gli effetti desiderati ed indesiderati dei loro "rimedi". Purtroppo effetti negativi delle terapie omeopatiche sono stati riportati ed e' importante che il pubblico ne sia consapevole.
    In aggiunta ai (rari) effetti dannosi delle terapie omeopatiche, e' rilevante sottolineare alcuni equivoci, che gli omeopati alimentano, perche' questi, pur non producendo danni fisici ai pazienti, producono pero' danni etici, non privi di possibili conseguenze legali: infatti l'informazione inesatta o falsa invalida il consenso del paziente alla terapia.
 
    POSSIBILI DANNI O EFFETTI INDESIDERATI DELLA TERAPIA OMEOPATICA
    Nonostante la loro relativa innocuita', effetti dannosi e potenzialmente letali delle terapie omeopatiche sono stati riscontrati, essenzialmente per tre ragioni:
1) la terapia omeopatica inefficace o scarsamente efficace induce il paziente a ritardare una ben piu' efficace terapia convenzionale, mentre la malattia prosegue il suo decorso e si aggrava. L'omeopatia e' particolarmente pericolosa perche' la scelta della terapia non richiede la diagnosi (che in genere non viene fatta, almeno nel senso della medicina convenzionale). Di conseguenza e' possibile che un paziente che soffre ad esempio di un tumore ancora operabile venga curato per i suoi sintomi, senza che la loro causa venga neppure cercata. L'insuccesso terapeutico spinge prima o poi il paziente verso la medicina convenzionale, ma la malattia potrebbe essere diventata intrattabile.
2) Il farmaco omeopatico e' intenzionalmente adulterato con principi attivi della farmacopea convenzionale, allo scopo di renderlo efficace. Questo evento, che costituisce una frode ai danni del paziente, comporta un rischio significativo perche' il dosaggio del farmaco convenzionale puo' essere alquanto elevato. Un caso ben documentato e' quello di una preparazione omeopatica chiamata Dumcap, venduta come rimedio per le crisi allergiche e adulterata con dosaggi elevati di cortisonici di sintesi [3]. Questo tipo di frode sottintende che l'industriale che produce il farmaco omeopatico e' assolutamente convinto della superiorita' della medicina convenzionale sull'omeopatia: infatti il farmaco convenzionale non dovrebbe affatto essere presente nella preparazione, e ne fa addirittura aumentare il costo.
3) Il farmaco omeopatico e' dichiaratamente un veleno diluito e solo la diluizione ne garantisce l'innocuita'; pero' la ditta produttrice non ha eseguito la diluizione come prescritto ed ha immesso sul mercato un prodotto che ancora contiene il veleno in quantita' apprezzabile [4]. Questo caso, a differenza del precedente non e' una frode deliberata, ma il risultato di incuria ed errori da parte del produttore del farmaco; il reato e' in questo caso colposo anziche' doloso, ma comporta un rischio maggiore per il paziente perche' alcuni farmaci omeopatici sono prodotti a partire da veleni potenti (ad esempio l'arsenico ed il mercurio possono causare intossicazioni potenzialmente mortali).
 
    IL RAPPORTO TRA LA MEDICINA CONVENZIONALE E L'OMEOPATIA
    Il rapporto tra la medicina convenzionale e l'omeopatia e' sempre stato alquanto teso. Hahnemann non esitava a criticare in modo violento i medici ed i farmacisti suoi contemporanei, accusandoli di cercare il danno e persino la morte dei loro pazienti [5]. E' particolarmente notevole la cecita' di Hahnemann nei confronti della nascente scienza dell'anatomia patologica [6] che, essendo effettuata sui cadaveri non arrecava danno a nessuno, ed era universalmente riconosciuta come una preziosa fonte di informazioni rilevanti [7]. L'astio di Hahnemann era ricambiato dai suoi colleghi medici e dai farmacisti che cercavano di ostracizzarlo ed in effetti nel 1821 lo costrinsero a lasciare Leipzig, dove si era stabilito nel 1812, per rifugiarsi nella piu' remota citta di Coethen.
    Hahnemann rivolgeva due accuse principali ai medici dell'epoca, i quali, secondo lui 1) consideravano soltanto il sintomo principale della malattia e trascuravano quelli minori o accessori, e 2) sceglievano per la cura quei farmaci che causano il sintomo opposto, o addirittura sintomi non correlati.
    La prima accusa e' presa i peso dalla diatriba classica tra i medici empiristi ed i razionalisti che opponeva le scuole di Cos e di Cnido nel V secolo a.C.: la scuola di Cos, che si pretendeva fondata da Ippocrate in persona, considerava l'organismo come una unita' inscindibile e la malattia come una affezione dell'intero organismo, che poteva indifferentemente localizzarsi in un organo o in un altro e perfino spostarsi dall'uno all'altro. Questa scuola era poco interessata alla diagnosi e molto allo studio empirico della sintomatologia individuale (propria), curava attraverso i simili per indurre la concozione degli umori, e teneva in maggior conto la prognosi della terapia. La scuola di Cnido si opponeva alla precedente su quasi tutti i fronti, considerava l'organismo come la somma dei suoi organi e le malattie come entita' distinte che necessitavano di diagnosi accurate e della terapia mediante i contrari. La diagnosi si basava sull'identificazione dei sintomi caratteristici della malattia piu' che su quelli individuali ed unici del paziente (communia). Con la rivoluzione scientifica del Rinascimento, l'anatomia patologica aveva cominciato a fornire indicazioni in favore delle principali ipotesi della scuola di Cnido e Hahnemann doveva apparire obsoleto ai medici suoi contemporanei.
    La seconda accusa contiene una offensiva innovazione che Hahnemann aveva aggiunto alle dispute classiche. Infatti era chiarissimo ai medici antichi che, mentre la cura attraverso i simili si prefiggeva di aumentare le risposte autocurative dell'organismo ed intenzionalmente imitava i sintomi della malattia, la cura mediante i contrari era guidata dalla diagnosi ed i sintomi causati dal farmaco erano solo accidentalmente contrari a quelli della malattia: il medico razionalista non era interessato tanto ai sintomi quanto all'alterazione della fisiologia dell'organismo che essi rivelavano e sceglieva le sue (poco efficaci) terapie sulla base di quello che credeva di sapere della fisiologia. Ad esempio il medico razionalista poteva ordinare un salasso perche' dai sintomi credeva di poter dedurre che l'organismo del paziente fosse pletorico (cioe' afflitto da un eccesso di liquidi), non perche' voleva causare nel paziente i sintomi dell'anemia post-emorragica. Hahnemann pretendeva di curare una malattia con una malattia diversa ma simile, ed accusava i medici suoi contempranei di praticare l'allopatia, cioe' di voler curare una malattia con una malattia diversa e dissimile, ma in questo modo travisava completamente le loro intenzioni.
    La scoperta che il succo di limone cura lo scorbuto, effettuata da Lind nel 1747 (quando Hahnemann aveva quattro anni), e' forse la prova piu' ovvia di come i medici dell'epoca non intendessero curare malattie con malattie o sintomi con sintomi: Lind non pensava affatto che il succo di limone causasse una malattia simile o dissimile dallo scorbuto, ed anzi era ovvio a tutti che il rimedio non solo non produceva alcun sintomo ma era persino gradevole. Il termine allopatia e la qualifica di allopati ai medici che Hahnemann riteneva praticassero la medicina erano e sono intenzionalmente offensivi, perche' intendevano e intendono mistificare la teoria e le scoperte della medicina convenzionale.
 
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   RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI E NOTE
 
1: Tipici esempi di studi sull'efficacia di terapie omeopatiche:
Passalacqua G, Bousquet PJ, Carlsen KH, Kemp J, Lockey RF, Niggemann B, Pawankar R, Price D, Bousquet J. (2006) "ARIA update: I--Systematic review of complementary and alternative medicine for rhinitis and asthma." J Allergy Clin Immunol. 117(5):1054-62.
Haila S, Koskinen A, Tenovuo J. (2005) "Effects of homeopathic treatment on salivary flow rate and subjective symptoms in patients with oral dryness: a randomized trial." Homeopathy. 94(3):175-81.
Oberbaum M, Galoyan N, Lerner-Geva L, Singer SR, Grisaru S, Shashar D, Samueloff (2005) The effect of the homeopathic remedies Arnica montana and Bellis perennis on mild postpartum bleeding--a randomized, double-blind, placebo-controlled study--preliminary results. Complement Ther Med. 13(2):87-90.
Passalacqua G, Compalati E, Schiappoli M, Senna G. (2005) "Complementary and alternative medicine for the treatment and diagnosis of asthma and allergic diseases." Monaldi Arch Chest Dis. 63(1):47-54.
Rabe A, Weiser M, Klein P. (2004) "Effectiveness and tolerability of a homoeopathic remedy compared with conventional therapy for mild viral infections." Int J Clin Pract. 58(9):827-32.
Cavalcanti AM, Rocha LM, Carillo R Jr, Lima LU, Lugon JR. (2003) "Effects of homeopathic treatment on pruritus of haemodialysis patients: a randomised placebo-controlled double-blind trial." Homeopathy. 92(4):177-81.
 
2: Shang A, Huwiler-Muntener K, Nartey L, Juni P, Dorig S, Sterne JA, Pewsner D, Egger M. (2005) "Are the clinical effects of homoeopathy placebo effects? Comparative study of placebo-controlled trials of homoeopathy and allopathy." Lancet. 366(9487):726-32.
 
3: Il caso del Dumcap e' stato segnalato da Morice A. (1986) Adulterated homoeopathic cure for asthma. The Lancet 8485, 862-863.
 
4: Residui tossici sono stati trovati varie volte in rimedi omeopatici mal preparati. Tra i casi meglio documentati segnalo quelli di Kerr su preparati omeopatici a base di arsenico, nei quali il contenuto del tossico era significativo, probabilmente a causa di una diluizione molto inferiore a quella dichiarata:
Kerr H.D. and Yarborough G.W. (1986) Pancreatitis following ingestion of a homeopathic preparation. New Engl J Med. 314,1642-3.
Kerr H.D. and Saryan L.A. (1986) Arsenic content of homeopathic medicines. J. Toxicol. Clin. Toxicol, 24: 451-459.
 
5: Le invettive di Hahnemann contro i medici dell'epoca sono cosi' numerose nei suoi scritti da rendere difficile la scelta; salta all'occhio la nota al par.1 dell'Organon: "it is now high time that all who call themselves physicians should at length cease to deceive suffering mankind with mere talk, and begin now, instead, for once to act, that is, really to help and to cure."; ma l'Organon e Le Malattie Croniche pullulano di riferimenti ai danni indotti dalla medicina convenzionale (ad es. nei par.74-76 dell'Organon)
 
6: Anche il rifiuto dell'anatomia patologica e' reiterato in vari punti dell'Organon: ad es. nei par.25, 76 e 80 e loro note.
 
7: L'anatomia patologica era praticata nelle sale incisorie degli ospedali fin dal XVI secolo; il fondamentale testo di Giovanni Battista Morgagni, De sedibus et causis morborum per anatoment indagatis, universalmente riconosciuto come pietra miliare nello sviluppo della disciplina era stato pubblicato nel 1761, cinquant'anni prima dell'Organon, ed era stato immediatamente tradotto in varie lingue.
 
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